La fede cristiana ha questo di particolare, a partire dalla parola di Cristo stesso: il modo in cui ci rapportiamo con la vita concreta delle persone diventa la cartina tornasole della sua autenticità. E talvolta la radicalità di chi la prende sul serio scandalizza e sconvolge chi sta intorno a lui.
Ne sa qualcosa uno dei personaggi del romanzo La buona guerra (Einaudi) di Phil Klay, vincitore del prestigioso National Book Award. Un militare la cui figlia, Valencia, prende veramente sul serio gli insegnamenti del Vangelo, anche nella turbolenta Colombia, segnata da una guerra civile spaventosa: «“Cristo stava accanto ai peccatori”. Sorride timidamente, come se sapesse che le sue parole suonano ridicole e arroganti. “Io voglio stare accanto agli sconfitti e ai disprezzati. E anche, in certi casi, agli indegni e ai crudeli”». Una scelta che spiazza completamente il padre, il quale si aspettava ben altro dall’educazione cattolica cui aveva affidato la figlia: «“Dio. Gesù Cristo” le dico. “Ti mandiamo in chiesa perché una ragazza ci deve andare. Mi stai davvero dicendo che credi a tutta quella roba?”».
Il cristianesimo è una faccenda «pericolosa», ha scritto il teologo Timothy Radcliffe, «bisognerebbe scriverci sopra “maneggiare con cura” alla Bibbia». Perché la forza di quella Parola può davvero sconvolgere la vita e far compiere scelte davvero controcorrente. Come quella di Valencia.
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