lunedì 30 maggio 2005
Gli uomini si preoccupassero solo dello spirito,/ avrebbero sano il corpo, invece si preoccupano/ solo del corpo, e lo ammalano. Sembrano un aforisma questi tre versi di un poeta che mi è molto caro anche come amico, Cesare Viviani. Anzi, tempo fa sul nostro giornale egli ha pubblicato per quasi un anno un aforisma poetico ogni settimana. Questo è, invece, tratto da un suo originalissimo poema intitolato La forma della vita (Einaudi): leggendolo, avevo annotato tanti versi e frasi, anche perché nelle sue pagine si fondono insieme poesia, narrazione, riflessione. Propongo solo questo frammento perché risuoni - a fine Congresso Eucaristico - la centralità della domenica, giorno del Signore, dove spirito e corpo si intrecciano, finalmente in equilibrio e in armonia. Infatti, si dovrebbe da un lato riposare, passeggiare, pranzare, far festa, parlare in modo più pacato e sereno e, d'altro lato, si dovrebbe pregare, pensare, sostare in silenzio con se stessi. Su questo filo di equilibrio si fa pace sia con la nostra materialità e fisicità sia con la nostra interiorità e spiritualità. E invece l'accento ai nostri giorni si è tutto spostato sul corpo, sulla visibilità, sulla sperimentabilità: l'immagine del benessere fisico campeggia nella pubblicità come monito imperioso ad adeguarsi. Il risultato, come dice il poeta, non è solo che si intisichisce l'anima ma che si rovina anche il corpo. Perché l'uomo è un essere unitario e compatto e non un animale da allevamento: senza lo spirito, imbruttisce, incupisce e s'intristisce. "Si preoccupassero solo dello spirito, avrebbero sano anche il corpo"".
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