venerdì 19 gennaio 2018
Da ragazzo, quando studiavo Lettere, avevo scartato l'idea di poter diventare un professore universitario: ero troppo isolato e non disponevo di appoggi da cui partire. Avevo bisogno di uno stipendio e restare nel codazzo di qualche ordinario in attesa di chissà quale corsia preferenziale per ottenere la tanto agognata cattedra non suscitava il mio entusiasmo. Così feci qualche supplenza nelle scuole di ogni ordine e grado: rappresentò una soluzione a numerosi problemi anche interiori. Appena entrai nell'aula, percepii la presenza di un ambiente favorevole. Proprio io che ero sempre stato timido e introverso, quasi incapace di intrattenere rapporti sociali, nella quotidiana attività didattica mostravo, di fronte a me stesso, un'inaspettata disinvoltura. Ora, di tanto in tanto, vengo chiamato a tenere prolusioni accademiche e ritrovo negli occhi di chi mi ascolta le stesse attese che nutrirono i miei sogni giovanili. Le scorse settimane ho parlato a centinaia di ragazze che stanno studiando scienza della formazione: il loro obiettivo è quello di diventare maestre d'asilo. Vedevo quegli occhi illuminati e pensavo: saranno loro a favorire la crescita dei nostri bambini. È stato come osservare lo scorrere di un fiume impetuoso diretto verso le rapide: forse da questa emozione nasce il mio sentimento religioso.
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