mercoledì 14 dicembre 2005
Dove ti sei nascosto, Amato, lasciandomi a gemere? Come il cervo corresti, dopo avermi ferito: ti inseguii gridando; ma te n'eri andato! Pastori, voi che andate da un ovile all'altro su fino all'altura, se per caso vedrete chi più di tutti amo, ditegli che soffro, languo e muoio. Cercando il mio amore, andrò per monti e rivi, non coglierò mai fiori, né temerò le belve, passerò oltre le fortezze e le frontiere. Nella notte tra il 13 e il 14 dicembre del 1591 moriva a 49 anni Giovanni della Croce, uno dei maggiori mistici cristiani con s. Teresa d'Avila che l'aveva conosciuto e avuto come sostegno nella riforma dell'Ordine carmelitano. Gli ultimi suoi anni erano stati segnati dalla sofferenza fisica e da ogni genere di umiliazione all'interno del convento spagnolo della Sierra Morena in cui viveva. Eppure il suo spirito era illuminato da quella "fiamma d'amore" che riverberava di bagliori la "notte oscura" che stava attraversando. Le Canzoni tra l'anima e lo Sposo - da cui abbiamo tratto alcuni dei versi più celebri - sono la testimonianza di quella fiamma. Le parole sono modulate sul Cantico dei cantici e svelano il mistero dell'assenza apparente di Dio. È un momento che tutti attraversiamo: il Signore sembra esser fuggito da noi, lasciandoci soli; il suo silenzio è assordante; la sua distanza incolmabile. Forte è la tentazione di lasciarci andare alla deriva, di scoraggiarsi e di abbandonare Dio. Ecco, invece, la scelta di Giovanni: sulla scia della donna del Cantico, egli corre per monti e valli, superando ogni ostacolo, continuando in quella ricerca che alla fine non approderà al vuoto ma all'incontro. Credere è cercare, sperare e tener alta la fiaccola dell'amore.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: