Col Messiah di Händel la creazione esulta nell'«Hallelujah» pasquale
domenica 12 aprile 2009
Il Messiah è sicuramente l'oratorio più conosciuto ed eseguito di Georg Friedrich Händel (1685-1759), quello che incarna in modo esemplare gli ideali estetici e i sentimenti religiosi del compositore sassone: una partitura monumentale e spettacolare, prodigio di fantasia creativa, concepita in appena tre settimane e considerata sin dalla sua prima esecuzione (avvenuta presso la Great Music Hall di Dublino il 13 aprile 1742) una paradigmatica "rappresentazione in musica" del più autentico spirito pasquale.
Tratto da fonti eterogenee (Profeti, Salmi, Vangelo, Lettere apostoliche), il ricco e vario compendio di Sacre Scritture che anima quest'opera dà vita a un trittico che rappresenta idealmente il percorso di redenzione dell'umanità, compiuto attraverso un "personaggio", Gesù, che non viene mai espressamente nominato, nel testo come nel titolo: le tre sezioni in cui il lavoro è appunto suddiviso seguono il progressivo disvelarsi della figura di Cristo e riguardano rispettivamente la sua venuta (Prima Parte), la Passione, Morte e Resurrezione (Seconda Parte) e il suo definitivo ritorno (Terza Parte).
Potendo contare sull'apporto decisivo di un impeccabile quartetto di cantanti solisti (formato dal soprano Carolyn Sampson, dal contralto Catherine Wyn-Rogers, dal tenore Mark Padmore e dal basso Christopher Purves), il direttore inglese Harry Christophers e la formazione corale-strumentale The Sixteen sono arrivati in studio di registrazione dopo una lunga e assidua frequentazione con il capolavoro händeliano, perfettamente "rodati" da un cammino di approfondimento e immedesimazione con la pur minima sfumatura celata tra le pagine del Messiah (tre cd pubblicati dall'etichetta Coro e distribuiti da Jupiter). Ne è così scaturita un'interpretazione che riesce ad assecondare in pieno l'eloquente incisività e l'impatto quasi teatrale dei recitativi, ad approfondire in ogni dettaglio il lirismo interiorizzato e la straordinaria policromia delle arie solistiche, ma soprattutto a sprigionare l'inarrestabile potenza espressiva degli interventi corali, che concentrano tutta la loro forza dirompente nel più famoso Hallelujah della storia della musica: l'esplosione spontanea di gioia ed emozione di fronte alla potenza salvifica del Messia.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: