venerdì 4 ottobre 2002
Notturno, ma meno della civetta/ e più della gazza mattiniera,/ anche questo, tra gli uccelli, guarda/ il mondo. Chiede chi l'ha creato./ Cantando, lo chiede sottovoce,/ nel silenzio della luce, dal cuore./ Noi così indietro ancora, lui/ già alto, con gli altri, in volo. All'alba guardo sul terrazzo un uccellino che vigila attento su tutto ciò che lo circonda, in un fremito continuo del suo capino. E' un'esperienza che riporta un po' tutti allo spirito di Francesco, il santo che oggi celebriamo, al suo amore non tanto per la natura quanto piuttosto per il Creatore. E' per questo che ho voluto affidare la nostra riflessione ai versi di una breve raccolta di un poeta cremonese ormai affermato e apprezzato, Vittorio Cozzoli, raccolta intitolata appunto Gli uccelli (Stamperia dell'Arancio). Nello sguardo mobile dell'uccellino egli intuisce una domanda segreta e implicita su «chi l'ha creato». Il suo pigolio sembra echeggiare questo interrogativo, lasciando che dilaghi dal suo cuoricino fino all'immensità dei campi silenziosi della luce mattutina. Quante volte nell'antica letteratura (Esopo, Fedro, ad esempio), ma anche nella stessa Bibbia (l'asina di Balaam o Isaia 1,3), gli animali diventano maestri di noi uomini. «Noi così indietro ancora», ci ammonisce il poeta, siamo incapaci di levarci in volo non tanto con le ali, ma con lo spirito, verso un orizzonte superiore rispetto a quello terrestre, orizzonte che assorbe ogni nostro pensiero, ogni desiderio, ogni attesa.
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