giovedì 6 marzo 2008
V Domenica di Quaresima
Anno A

In quel tempo, le sorelle di Lazzaro mandarono a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». (...) Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Marta, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

Gesù piange per il suo amico Lazzaro. Le lacrime sono la ribellione di Gesù, la stupenda «arroganza» dell'amico che si rifiuta di accettare la morte dell'amico. Amore arrogante fino al grido: Vieni fuori!
Ciascuno di noi è Lazzaro, amato e malato. Il pianto di Dio è la nostra salvezza; lì Dio dice se stesso: se amico è un nome di Dio, il mio nome è amato per sempre. Chi dice Dio, dice risurrezione. Perché la morte mette in gioco la credibilità stessa di Dio: deruba Dio dei suoi figli, lo spoglia dei suoi tesori, riduce Dio in miseria, senza amori. Se questo è per sempre, allora Dio non è più Dio. È solo un dio di morti. Ma un filo rosso attraversa tutta la Bibbia: Dio è il Dio dei vivi e non dei morti. Infatti Gesù dice a Marta: «Tuo fratello risorgerà». Ma è una frase consolatoria che Marta ha sentito tante volte in quei giorni, cui risponde con una punta di delusione: «So bene che risorgerà nell'ultimo giorno. Ma l'ultimo giorno è così lontano dal mio desiderio e dal mio dolore».
Allora Gesù dice di più, afferma: «Io sono la risurrezione e la vita». Prima la risurrezione, poi la vita. Non nell'ultimo giorno, bensì ora. Risurrezione è un'esperienza che interessa il nostro presente e non solo il futuro. A risorgere sono chiamati i vivi prima che i morti. Gesù ci rivela che c'è morte e morte, come c'è vita e vita. Come Lazzaro «si è addormentato», anch'io molte volte vivo una vita addormentata. C'è una vita morta, propria di chi, nella paura di perderla, si chiude nell'egoismo per trattenerla. E c'è una vita risorta: «da morti che eravamo ci ha fatti rivivere con Cristo, con lui risuscitati» (Ef 2,5-6). Il vero risorto non è Lazzaro, tornato alla vita mortale, ma le sorelle di Betania e quanti credono in Gesù, passati alla vita di Cristo.
Noi sappiamo cosa è la vita, ne facciamo esperienza. Vita è fatta di pane e di miracolo, è fatta di argilla e di amore. Vita è respirare, ridere, amare, gioire, lottare con la morte, vincere, perdere, e l'infinita pazienza di ricominciare. Ma poi c'è la vita risorta, che è la vita stessa di Cristo: «per me vivere è Cristo» (Fil 1,21). E come lui lasciarsi catturare dalla pietà, saper piangere il pianto dell'uomo, amare pace e giustizia, riempire la vita di quelle cose che durano oltre la morte, riempirla di Dio.
Allora anche se non parli mai di risurrezione, mostrerai con tutto te stesso una vita risorta.
(Letture: Ezechiele 37,12-14; Salmo 129; Romani 8,8-11; Giovanni 11,1-45)
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