lunedì 18 aprile 2005
La Chiesa è una casa di famiglia, una casa paterna. Nelle case di famiglia c"è sempre un po" di disordine: le sedie talvolta mancano di una gamba, i tavoli sono macchiati di inchiostro, le scatole di marmellata si svuotano da sole nelle dispense"

Abbiamo pensato in questi giorni di Conclave di proporre spunti di riflessione sul tema della Chiesa. Iniziamo oggi in forma apparentemente sbarazzina, ma in realtà questa descrizione, che è di uno dei maggiori scrittori cattolici del Novecento, il francese Georges Bernanos, ha alla base un"immagine paolina. L"Apostolo, infatti, scrivendo al discepolo Timoteo, osservava che in «una casa grande [com"è appunto la Chiesa] non ci sono soltanto vasi d"oro e d"argento ma anche di legno e di coccio, alcuni destinati ad usi nobili, altri per usi più spregevoli» (II, 2, 20).Bernanos raffigura con amore ma anche con realismo la Chiesa nella quale, certo, è insediato Cristo, circondato da tanti giusti e santi, ma dove ci muoviamo anche noi con la nostra fragilità, sciatteria, debolezza e superficialità. Lo stesso scrittore nel suo capolavoro, il Diario di un curato di campagna andava anche oltre e, partendo dal simbolo classico del gregge, continuava così: «È un bestiame né troppo buono né troppo cattivo: buoi, asini, bestie da tiro e da lavoro. E anche caproni. Caproni e pecore». Anche nella Chiesa delle origini, così come è descritta dal Nuovo Testamento, non mancavano tradimenti, tensioni, peccati e limiti. Realtà divina e realtà umana s"incrociavano, Spirito e carne s"intrecciavano, secondo la logica stessa dell"Incarnazione. Ma anche se un po" in disordine, quella è sempre la «casa di famiglia», la nostra casa.
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