Carne e ortofrutta, settori in crisi
sabato 21 gennaio 2006
Per le aziende agricole che producono carne, i ricavi di mercato negli ultimi anni non sono riusciti a coprire i costi medi di produzione. Per uno dei comparti cardine della nostra agricoltura - quello ortofrutticolo - la crisi è ormai diventata così asfissiante da richiedere piani e interventi più che straordinari. Intanto, il livello generale dei prezzi pagati agli agricoltori è diminuito del 4,3% rispetto allo scorso anno. Insomma, l'agricoltura dello Stivale non passa un momento felice, produce, come si dice spesso, «qualità», ma non sembra che questa venga riconosciuta più di tanto dai mercati. Vediamo i particolari. Stando ai risultati del Rapporto Ismea-Crpa sui costi e sulla redditività della produzione di carne bovina, le imprese impegnate in questo settore avrebbero, in buona parte, già dovuto chiudere. I prezzi di mercato della carne, infatti, non sono riusciti, nelle principali aree di produzione, a coprire il livello medio dei costi. Se a compensare il divario non vi fossero, almeno in parte, gli aiuti dell'Unione europea e l'apporto spesso sostanzioso di mano d'opera familiare non pagata, molte stalle non esisterebbero più da tempo. Gli aiuti Ue, invece, abbattono di fatto i costi di produzione degli allevamenti di ingrasso del 22% in Piemonte, del 25% in Veneto e del 12% in Toscana. Ma, per le aziende che effettuano il cosiddetto ciclo chiuso (cioè che ingrassano capi nati nelle proprie stalle), la situazione peggiora: i ricavi delle vendite coprono solamente i costi variabili, ma non certo quelli fissi e una parte della mano d'opera familiare. Anche qui, quindi, senza l'intervento di Bruxelles la situazione sarebbe ancora peggiore. Altro che competitività derivante dalla qualità, quindi. A decidere dei bilanci aziendali intervengono sempre di più dinamiche e logiche che le imprese non riescono a controllare. Come accade, d'altra parte, anche per il settore ortofrutticolo. Tanto da far presentare, per tentare di risolvere la crisi nera che stringe al collo gli imprenditori, un documento comune a Coldiretti, Confagricoltura, Cia e Copagri. Un testo in cui si chiedono "misure urgenti" come la costituzione di un catasto ortofrutticolo, l'attivazione di un programma di educazione alimentare e di promozione al consumo, il rafforzamento dei controlli, l'incentivazione delle nostre esportazioni, il finanziamento della riconversione varietale. Azioni che, a detta delle organizzazioni agricole, potrebbero essere subito finanziate, ma che hanno molto l'aria di armi spuntate, almeno se usate singolarmente, di fronte ad un malessere più vasto. Rimane, intanto, la logica stringente del mercato e di una filiera agroalimentare di fatto scoordinata e sbilanciata. è per questo che le ultime rilevazioni dei prezzi agricoli, rilanciate da Coldiretti, non indicano ancora una volta nulla di buono. Cali di prezzo che vanno dal -3 al -21% potranno contribuire a contenere l'inflazione, ma non fanno bene agli imprenditori agricoli.
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