mercoledì 24 agosto 2016
Non sto parlando né del trascurabile Carlo d'Inghilterra, né dell'inestirpabile Carlo Marx. Questo era un contadino, che stava, unico superstite, in una grande cascina abbandonata nei dintorni di Milano. Della gioventù, ora gli era rimasta una dolcezza nello sguardo, unita a un viso indurito dalla vita sotto un cappellaccio che sembrava non promettere nulla di buono. La fattoria si chiamava La Bruciata forse a ricordo di un non databile incendio che aveva subito. Arrivando da Carlo, si poteva udire a centinaia di metri la sua radio a disperato volume. La sua insuperabile sordità ne veniva appena graziosamente lambita. Gli eremiti, i filosofi e i mistici si situano dove meno immaginiamo. Carlo, come un padre del deserto, solcava senza una parola la solitudine di quella località. La sua abitazione faceva pensare a Giona nella balena o al povero Geppetto ingoiato. Il suo camino a legna era riuscito a non lasciare una sola traccia di colore che non fosse il nero della sua fuliggine, sulla tovaglia, le pareti, le sue mani, e sul suo eterno abbigliamento. Fuori, un chiodo nel muro agganciava un rotolo di fil di ferro, per qualunque riparazione. Sulla porta, erano affisse un'immagine della Madonna e una fotografia di Aldo Moro ancor giovane. Chiesa e Stato abitavano lì.
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