C'era allora una banca a Milano: la strage, la memoria e la reliquia
mercoledì 14 dicembre 2016
Non ho trovato traccia, nell'informazione ecclesiale digitale degli ultimi giorni, del 47° anniversario della strage di piazza Fontana, sebbene abbia ordinato ai miei robot di frugare in lungo e in largo. Non me ne stupisco: le cronache parlano di una manifestazione di 500 persone e delle associazioni che tengono viva la memoria della strage. Sono certo che anche la Chiesa, specie quella di Milano, coltivi tale memoria, ma comprendo che lo faccia in modi poco notiziabili.
La ricerca compiuta in Rete mi ha comunque portato qualche frutto. Se ho lanciato “strage”, ho trovato le recenti cronache di nuovi martiri copti in Egitto e di altri sanguinosi attentati di matrice islamista, e mi sono ripetuto che nel misurare il terrorismo lontano dovremmo ricordarci meglio di quello che ci toccò così da vicino. Se ho lanciato “banca” ho trovato Monte dei Paschi di Siena, che fra l'altro è l'istituto che oggi opera là dove nel 1969 esplose la bomba, e mi sono interrogato su quanto le banche di allora erano diverse da quelle di oggi.
E qui mi è venuto in soccorso, su Facebook, un post di Elena Pirazzoli, studiosa appassionata di questioni «a partire da ciò che resta». Osservando che la grande scritta «Banca Nazionale dell'Agricoltura» è rimasta sulla facciata del palazzo al di là dei passaggi di mano dell'istituto e delle modifiche interne, sottolinea che essa, oltre alla strage, rammenta anche «un mondo che non c'è più, quello di quelle persone che, in quel tardo pomeriggio di 47 anni fa, affollavano ancora le casse e sedevano attorno al grande tavolo centrale. Per cui la banca era un luogo di ritrovo, di relazione», e non un anonimo misto tra un set di servizi perlopiù digitali e il temuto tiranno delle nostre povere sicurezze economiche.
E mi piace che per descrivere quella scritta superstite come «un monumento a una fase della storia d'Italia per la quale non si riescono a erigere monumenti», Pirazzoli usi una parola familiare al linguaggio religioso: «Sono reliquie nel paesaggio quotidiano».
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