Bimbi ultrà e animi Acerbi Allo stadio vige la follia dell'odio
sabato 30 aprile 2022
A quelli che vanno allo stadio solamente per insultare l'opposta fazione e educano i propri figli a fare altrettanto (su Youtube circola il video virale del piccolo tifoso rossonero che ripete i «vaffa» all'Inter su assist montessoriano di mamma e papà) o peggio ancora quelli che usano i calciatori come bersagli mobili, per sanare le proprie frustrazioni, ricordiamo che il calcio è un gioco di squadra. Perciò non è retorico sottolineare che si vince e si perde sempre in 11. I tifosi laziali pensano invece che la stagione incolore della squadra dello scrivano ponentino Sarri dipenda da un singolo capro espiatorio: il difensore centrale, campione d'Europa, Francesco Acerbi. Dopo quattro anni di Lazio l'idillio tra Acerbi e la Curva Nord è sfumato. L'atto definitivo: la risata «isterica», per sua stessa ammissione, con cui ha reagito alla sbandata difensiva – in società con il collega Marusic – e che al 92' della sfida contro il Milan ha regalato il gol-vittoria di Tonali. Un'annata decisamente no quella di Acerbi: prove disastrose con il Bologna (espulso) e Sassuolo. Riscatto parziale con la rete segnata al Genoa. Un regalo di Natale che aveva festeggiato andando sotto la Nord che però non gli ha perdonato l'esultanza – un po' nervosa – e soprattutto quella dichiarazione in risposta ai fischi dei suoi aquilotti tiratori: «Delle critiche non me ne frega niente». A rincarare la dose di veleni, l'ultima entrata dialettica di Acerbi alla vigilia di Lazio-Milan, con gli ultrà della Nord in “sciopero” per il caro-biglietti imposto dal presidente Lotito: «Già col Covid non c'era nessuno. Adesso ce ne sono 5mila, accontentiamoci di questi». Ironia tagliente, come una tacchettata sulle caviglie. Le scuse postume di Acerbi non sono bastate a stoppare la solita gogna social dove l'epiteto più soft nei suoi riguardi è stato «traditore», riferito ai trascorsi milanisti. Difesa d'ufficio del difensore con una lettera pubblicata sul “Corriere dello Sport” in cui colpisce una frase su tutte: «Avverto una sensazione di solitudine che umanamente mi ferisce». È il grido piuttosto disperato del padre di famiglia, prima che del professionista, consapevole del privilegio di essere un calciatore di Serie A, ma che giustamente trova assurdo dover «essere qui a dover difendere la mia integrità e la mia professionalità». La solitudine del calciatore accerchiato, e addirittura minacciato di morte, è quella che sta provando un altro difensore, il capitano del Manchester United Harry Maguire. «Abbiamo piazzato tre bombe in casa tua», l'ultimo messaggio intimidatorio recapitato a casa Maguire, dove il calciatore vive con la moglie e due figlie. Maguire si sente messo in fuori gioco e a chi lo vuole morto risponde civilmente con un civilissimo «mi rifiuto di cedere alla follia dell'odio». Sembra una frase della senatrice a vita Liliana Segre che insegna: «Se si ammettono le parole dell'odio nel contesto pubblico, si legittimano rapporti imbarbariti».
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