giovedì 8 febbraio 2007
Non vi è nulla di più invidiabile di un'anima se non la sua capacità di appassionarsi. La passione equivale a volare, è un movimento celeste verso l'alto. Il signore di Stechlin, oltre che il titolo, è anche il protagonista di un romanzo che lo scrittore tedesco Theodor Fontane pubblicò nel 1899: si tratta di un aristocratico del Brandeburgo che vive in una serena saggezza, testimoniata anche da questa frase. Essa propone una qualità dell'anima che, a prima vista, sembrerebbe abbondare ai nostri giorni: non è forse vero che le passioni sono all'acme, che l'appassionarsi esplode nei dibattiti televisivi, che un fremito pare correre attraverso tutti i comportamenti? In realtà ciò che impera oggi è soprattutto la frenesia, l'eccitazione, il furore. Il vero appassionarsi è qualcosa di più profondo e può anche non affiorare in superficie; esso rivela attaccamento a un ideale, dedizione per una causa, convinzione nei confronti di una verità, abnegazione per una missione, amore verso una persona. La passione autentica non è un fuoco di paglia, bensì un impegno forte ed efficace che esalta l'anima. Per questo giustamente Fontane la compara a un volo nei cieli dello spirito; è, infatti, un'esaltazione della persona che - pur soffrendo fatiche e prove - non sente più il peso e si dona con gioia. È un po' come il lievito che fa sollevare la pasta della quotidianità e trasfigura le azioni semplici, irradiandole di luce e di amore. Il filosofo tedesco Hegel, che pure privilegiava la razionalità, confessava: «Nulla di grande nel mondo è stato fatto senza la passione».
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