martedì 12 agosto 2003
Oggi a malapena si distingue la recensione dall'annuncio pubblicitario: l'una e l'altro tendono a dare l'impressione che si fabbricano con la stessa regolarità capolavori e nuovi modelli d'automobili. Devo confessare che, avendo alle spalle una vagonata di recensioni, sono caduto anch'io più di una volta nel vizio che lo scrittore statunitense Edmund Wilson (1895-1972) denunciava in uno dei suoi saggi della raccolta Le spiagge della luce (1952) che ora sto leggendo. Una volta è l'amicizia con l'autore, un'altra è il desiderio dell'evitare polemiche, talora è pura e semplice pigrizia o sbrigatività, e così non di rado si stilano segnalazioni che sono simili alle quarte di copertina
degli stessi libri, cioè strilli promozionali. Oggi, però, vorrei puntare l'attenzione sull'altro genere a cui fa riferimento Wilson, quello dell'annuncio pubblicitario vero e proprio. La sua legge è ovviamente l'eccesso. Il destinatario, che pure non è così stupido, sa che quell'enfasi è falsa; eppure, piano piano, s'accosta al prodotto e lo compera. L'eco nel subconscio, la comodità di trovarlo sugli scaffali del supermarket, il fascino della confezione generano quell'adesione che inizialmente si era rifiutata. È questo uno dei rischi che intacca la nostra mente e la nostra volontà anche a livelli più alti, come quelli delle idee, delle convinzioni, delle passioni.
Esercitare la sorveglianza critica e, perché no?, in qualche caso il sospetto è, perciò, un atto di sapienza. La stessa adesione di fede non dev'essere cieca per conoscere riflessione e pensiero. Il grande Pascal nei suoi Pensieri era lapidario: «Due eccessi da evitare: escludere la ragione, non ammettere che la ragione».
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