sabato 5 maggio 2018
Una volta l'appuntamento era sotto l'obelisco di Axum, tutti i sabati a mezzanotte, dal primo dopo Pasqua a fine ottobre. Da quando quella stele non c'è più, poco è cambiato: ci si vede sempre nella stessa piazza di Porta Capena, sempre alla stessa ora, e da lì si parte per il pellegrinaggio verso il santuario della Madonna del Divino Amore. Cinque ore di marcia a piedi lungo la stretta via Ardeatina, in fila per uno e con le torce in mano. All'arrivo la Messa, oggi nel nuovo santuario inaugurato da papa Wojtyla 4 luglio del 1999, ma prima di allora nella piccola chiesetta che costituiva il santuario originale, sempre troppo piccola per accogliere tutti i pellegrini, la maggior parte dei quali era obbligata a seguire il rito dall'esterno.
Tra alti e bassi, tra momenti di “stanca” e altri di grande fervore, la devozione dei romani verso la Madonna del Divino Amore è sempre stata caratterizzata, nei secoli, da qualcosa di visceralmente intimo, familiare. Maria davvero come “una di casa”; e non è mai stato un segno di poco rispetto, anzi casomai proprio il contrario, che il pellegrinaggio domenicale si concludesse con il pranzo consumato sui grandi prati attorno al santuario, una tovaglia stesa sull'erba con sopra il pane e le fettine panate (e, il 1° maggio, le fave e il pecorino), facendo così coincidere il momento devozionale con la romanissima tradizione della gita fuori porta della domenica. E proprio qui, al santuario del Divino Amore “dove la Madonna – si dice a Roma – fa le grazie a tutte l'ore”, il popolo romano si rivolse durante la seconda guerra mondiale pregando la madre di proteggere la città dalla distruzione; per questo Pio XII nel 1944 le attribuì il titolo di “Salvatrice dell'Urbe”, e il popolo le promise un nuovo, più grande santuario.
In questa vera e propria “storia di famiglia” il pellegrinaggio dell'1 maggio, all'inizio del mese mariano, ha sempre rappresentato un appuntamento del tutto speciale, il più atteso è il più partecipato. E non deve allora sorprendere se anche Papa Francesco, il primo giorno di questo mese appena iniziato, abbia voluto venire qui a pregare ai piedi della Madre. Lo aveva fatto nella stessa data del 1979 Giovanni Paolo II (che in quell'occasione lo definì il “Santuario Mariano di Roma”, e vi sarebbe ritornato il 7 giugno 1987 per l'apertura dell'Anno Mariano, e ancora il 4 luglio 1999 per la consacrazione del Nuovo Santuario, sciogliendo così il voto fatto dai romani il 4 giugno 1944), e nel 2006 Benedetto XVI, che in quell'occasione propose una breve, densissima meditazione sul legame che unisce Maria allo Spirito Santo.
Come i suoi predecessori Francesco ha recitato la preghiera del Rosario, e solo su questa si è concentrato, senza nessun discorso né all'inizio, né alla fine. «Vi chiedo di seguire la preghiera da qui. Ci vediamo dopo. Ma preghiamo, eh? Ci vediamo dopo», ha solo detto al suo arrivo ai tantissimi fedeli presenti sul piazzale; e alla fine, tornato per salutarli, ha chiesto loro «per favore non dimenticatevi di pregare per me e buona serata». Il resto, appunto, è stato solo e soltanto preghiera. Per la pace nel mondo e, in particolare, per la Siria, «la cui popolazione – aveva detto nel messaggio Urbi et Orbi del giorno di Pasqua – è stremata da una guerra che non vede fine». Una preghiera che Papa Francesco, forse non a caso, ha voluto levare dal santuario del Divino Amore, «dove la Madonna fa le grazie a tutte l'ore».
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