Agroalimentare in buona salute
sabato 28 ottobre 2006
 Successi da capogiro, o quasi. Tassi di crescita a due cifre, consumi davvero in salita, prodotti nostrani richiesti da tutto il mondo e più di prima. L'impressione è solo una: l'agricoltura dello Stivale si è messa a vincere una corsa dopo l'altra. Belle notizie, quindi, che tuttavia non devono nascondere, e far dimenticare, quanto lavoro ci sia ancora da fare per far crescere e consolidare tutto il comparto.Ma vediamo i numeri. Stando alle rilevazioni dell'Osservatorio Nazionale Economico degli Spumanti di Valdobbiadene, il comparto è «eterogeneo» ma sicuramente in grande fermento. Tanto da far crescere non solamente la produzione (che ormai supera i 252 milioni di bottiglie), ma anche il numero di aziende, delle etichette sul mercato (rispettivamente 813 e quasi tremila), così come il livello dei consumi domestici. Tutto bene, quindi, così come sembra che vadano bene le cose per il resto della vitivinicoltura nazionale. Cambiando settore, poi, basta guardare ai dati emersi in questi giorni di Salone del Gusto a Torino, oppure a quelli, altrettanto positivi, elaborati dal Forum Internazionale dell'Agricoltura Condiretti-Studio Ambrosetti che si è tenuto a Cernobbio la scorsa settimana. Prendendo a caso qualche prodotto, quindi, è stato osservato come le esportazioni di gorgonzola ' uno dei formaggi chiave del made in Italy lattiero-caseario nel mondo ' siano cresciute del 40% solamente negli USA. Mentre per la pasta le vendite all'estero hanno avuto un balzo del 7% e proprio nei mercati più importanti come quelli dell'Unione europea, degli Stati Uniti e del Giappone. Se si vuole poi guardare ad aspetti non direttamente economici, ma comunque strettamente legati al consumo e quindi al mercato, è possibile prendere i risultati delle analisi sui residui di fitofarmaci sull'ortofrutta resi noti dal dall'Osservatorio Nazionale Residui da cui risulta che 96 campioni su 100 di frutta e verdura italiana sono regolari. Tutto bene, quindi. A parte i problemi che rimangono da risolvere che emergono anche dalle statistiche. Assoenologi, per esempio, ha ancora una volta fatto notare che in 15 anni abbiamo perso 178.000 ettari di vigneto e che in questo modo il 17% della produzione mondiale ed il 28% di quella comunitaria «parlano ancora italiano», ma che presto la situazione potrebbe farsi molto pesante. Certo, viene fatto notare, la nostra vitivinicoltura si è specializzata ma il dato rimane chiaro: mentre noi spiantiamo altri piantano e conquistano i mercati. Lo stesso Osservatorio Nazionale per gli Spumanti, d'altra parte, ha rilevato che da una parte il consumo cresce ma, dall'altra, è ancora eccessivamente stagionale. Poi c'è tutto il resto dei problemi del settore. Come quello del lavoro nero che ' secondo Coldiretti - mette a rischio la credibilità delle nostre produzioni. Insomma, la vetrina del bell'agroalimentare di casa nostra deve esserci e deve essere sempre più accattivante possibile, ma non deve far dimenticare tutto il resto.
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