sabato 5 novembre 2022
La giornata sarebbe stata già abbastanza dura, ma alla sera, quando accende il televisore, Orah deve affrontare un’ulteriore sofferenza. Al telegiornale c’è lei, insieme con il figlio Ofer, partito quella mattina per una missione militare in Cisgiordania. La telecamera ha ripreso il loro abbraccio e soltanto adesso, rivedendo la scena, la donna si rende conto del motivo per cui il ragazzo, a un certo punto, le aveva imposto di ruotare in quel modo. Voleva che i loro volti fossero inquadrati dall’obiettivo. Voleva, come si dice in gergo, che il loro saluto avvenisse “a favore di camera”. Forse non è questo a fare di Orah “una donna in fuga”, come recita il titolo originale di A un cerbiatto somiglia il mio amore, il romanzo del 2008 che ha definitivamente consolidato la fama dello scrittore israeliano David Grossman. Turbata da un presagio, la protagonista decide di attraversare il Paese a piedi, in un personale pellegrinaggio che è in effetti un modo per impedire di essere raggiunta da notizie di sventura. In un certo senso, però, la decisione del viaggio viene presa proprio nel momento in cui Orah si riconosce sullo schermo, trasformata contro il suo volere in una delle tante comparse che si avvicendano nello spettacolo della guerra, ognuna con il suo segreto, ognuna con il suo dolore. © riproduzione riservata
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