scaffale 6 luglio 2015
lunedì 6 luglio 2015
Si può essere un bullo incorreggibile, cattivo con determinazione e crudele per divertimento? Sì, si può. Ma si
può anche cambiare maschera e scegliere la generosità o la gentilezza. Tutti possono sbagliare ma tutti possono anche migliorare. La storia di Julian, bulletto di prima media, lo dimostra. Ma per capire chi sia Julian e perché in questa parte di spaccone insolente sia un tipo già noto ai lettori, bisogna fare un passo indietro e ripartire dalla storia di Wonder, romanzo di esordio dell'americana R.J. Palacio, best seller internazionale nel 2013, con oltre tre milioni di copie vendute nel mondo (centomila in Italia, con 17 ristampe da Giunti). Intenso e commovente, senza essere strappalacrime, Wonder ci ha raccontato quanto la diversità e la disabilità continuino a coglierci di sorpresa e a inquietarci. A rappresentare per molti un macigno difficile da affrontare a viso aperto. E lo ha fatto attraverso la cronaca di un anno di scuola, la prima media di August Pullman, detto Auggie, ragazzino simpatico, intelligente e brillante ma con la faccia devastata dalla
sindrome di Treacher-Collins, una deformità gravissima che nessuna operazione chirurgica è riuscita a normalizzare. L’accoglienza e i rifiuti, i timori, le cattiverie e la solidarietà, la semplicità degli approcci e le crudeli prese in giro riservate ad Auggie e al suo aspetto spaventoso, venivano raccontate attraverso la voce spesso ironica del protagonista e di quanti entravano a far parte della sua vita, i compagni di classe, gli amichetti, gli insegnanti, il preside della scuola, i familiari… Tutti a rappresentare un catalogo variegato di reazioni emotive e di comportamento. In quel quadro però mancava proprio la voce del bullo, che ora ha finito per prendersi tutto un volume. Il libro di Julian (Giunti; 7,90 euro) - primo dei tre capitoli del libro già scritti dall’autrice - attraversa i territori dell’egoismo, della prepotenza e della superficialità, indaga quelli dell’altruismo e della generosità e percorre le strade difficili della conoscenza di sé, ruotando attorno all'idea che nessuno è
perfetto ma nessuno è condannato all’immobilità interiore. Al ruolo di cattivo per sempre. Dunque tante cose si chiariscono del comportamento di Julian, ragazzino viziato e iperprotetto da genitori che giustificandolo sempre non lo aiutano a crescere né ad affrontare le normalissime paure della vita. Per fortuna Julian inciampa nella vita di sua nonna, all’altro capo del mondo. Dai 12 anni.

Un venerdì drammatico. Come succede due volte al mese da quando i suoi hanno divorziato,
Sébastien passa il fine settimana nella casa di campagna di suo padre. Duecento chilometri dalla città che si macinano in un soffio grazie all’auto di grossa cilindrata. Ma quel venerdì tutto prende una brutta piega. Il traffico è pazzesco, le strade rigurgitano di macchine, l’ingorgo è inevitabile, il nervosismo alle stelle. C’è un appuntamento da non mancare alla casa e il piede schiaccia sull’acceleratore. Lasciata l’autostrada, la Rover sfreccia a tutta velocità su una strada buia e dissestata mentre il caso mette proprio lì, dietro una curva, una donna che sta uscendo dalla propria auto. Il bolide, con un gran botto la investe e sparisce nella notte e nella nebbia. Senza fermarsi, senza curarsi del disastro. Dunque la storia di Sebastien e di suo padre, pirata della strada, incrocia quella di Loic e di sua madre. La vittima. Scaraventata sull’asfalto mentre suo figlio non ha neppure il tempo di capire cosa succede, la donna non è morta ma poco ci è mancato. Reato di fuga (Sinnos edizioni; 10,50 euro) è un racconto a doppio binario: i capitoli si alternano raccontando in parallelo le due storie. Da un lato quella del padre di Sébastien che irresponsabilmente occulta le tracce dell’investimento e chiede il silenzio complice del figlio, dall’altra quella di Loic che con dedizione passa le sue notti accanto alla madre prima in coma poi con una memoria confusa e alterata. Al centro brilla la figura di Sébastien che nonostante i suoi quattordici anni ha ben chiaro cosa significhino coscienza e responsabilità, verità e menzogna. Annientato da quel segreto insopportabile è lui a rintracciare Loic e a entrare con delicatezza nella sua vita. La verità è liberatoria. Di Christophe Léon, l’autore, non si può non ricordare quel gioiello di libriccino che è Granpa’ (edizioni Camelozampa; 9 euro), racconto commovente ambientato tra le praterie del Colorado sui rapporti tra nonni e nipoti, le scelte di vita e la necessità di opporsi alle ingiustizie con tutte le proprie forze. Dai  13 anni.


Mila ha solo dodici anni ma il fiuto di un segugio. Acuta osservatrice, veloce nell’annodare i particolari, cauta nel trarre conclusioni, sa registrare fatti, sguardi, ambienti, emozioni e sottintesi con un’arguzia rara. E sentire quello che sfugge ai più. Per le vacanze di Pasqua Mila e Gil, suo padre, hanno in programma un viaggio negli Stati Uniti: andranno a trovare Matthew, un vecchio amico di sempre del padre. Qualche giorno prima della partenza però la moglie di Matthew li avverte che l’uomo è sparito senza lasciare traccia. Nessuno sa dove è andato e perché. Decisi a ritrovarlo i due partono ugualmente ma per Mila che ha la stoffa dell’investigatrice il viaggio sarà molto più di una avventura con una mistero da svelare. Oltre l’oceano ci sono situazioni complicate: il percorso alla ricerca di Matthew è pieno di scoperte sorprendenti. Suo malgrado Mila viene coinvolta in un intreccio di storie del passato, infelicità e dolori mai superati. Troppo per chi ha solo dodici anni e la sensibilità per sentire le sofferenze altrui. Firmato da
Meg Rosoff, scrittrice di grande talento narrativo, Fai finta che io non ci sia (Rizzoli, 15 euro) è un romanzo molto coinvolgente, di quelli che non danno tregua se non all’ultima pagina. Mila è una protagonista adorabile, specie quando rivendica i suoi dodici anni di fronte alla complicazione delle relazioni, alle bugie
e alla mezze verità degli adulti. Dai 15 anni.

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