“Il grande match” si può fare meglio
martedì 14 giugno 2016
Quando ti abitui alle telecronache calcistiche Sky, quelle Rai sono insopportabili. Compreso tutto il contorno di commenti da studio o dal campo. Non c'è Bizzotto che tenga, anzi: non tiene proprio per niente. Allora diventa dura seguire la bruttarella Francia-Romania su Rai 1 per non perdersi, venerdì scorso, l'esordio de Il grande match, che in realtà arriva alla fine del match stesso e così arriverà in seconda serata per un totale di ventiquattro volte da qui al 10 luglio quando conosceremo la nazionale regina degli Europei in terra francese. Alla conduzione, orfano estivo dei pacchi, spodestato da Techetechetè, l'incontenibile Flavio Insinna. Con lui in studio Arrigo Sacchi, Marco Tardelli, Federico Balzaretti, Katia Serra, Ivan Zazzaroni e via via tanti altri fino a Marco Mazzocchi che saltella in qua e là tra gli studi del Foro Italico e la redazione: una volta a fianco della Ferrari per darsi sulla voce come a 90º minuto, un'altra a fianco di Insinna per poi sparire alla ricerca di notizie di mercato (calcistico, ovviamente) e ricomparire. Ci sono anche un paio di attori relegati, da un certo punto in poi, a cucinare gli spaghetti. Mentre il conduttore, in maniche di camicia e cravatta, ruota intorno a una scrivania anni Sessanta, che già la dice lunga sulla scelta vintage dello show dell'ammiraglia Rai. Scelta confermata dalle musiche e dalle vecchie canzoni della band di Angelo Nigro, il pianista di Affari tuoi, la cui perla è uno Scende lo schermo... sulle note della morandiana Scende la pioggia per annunciare le spiegazioni tecniche di un Balzaretti che più che un ex calciatore sembra un eccentrico di Pitti Uomo. Stendiamo poi un pietoso velo sul primo collegamento con “Casa Italia” in Francia dove si presenta il solo giornalista Alessandro Antinelli senza nessuno dello staff azzurro (stessa cosa la sera dopo con giornalista diverso; l'intervista monosillabica a Conte arriva al terzo giorno). Si fa a malapena un minimo di ironia sulla vuotezza della neolingua pallonara che continua a decretare la possibilità di «aggredire gli spazi». È ovvio l'intento di Rai 1 di coinvolgere un pubblico più ampio dei soli specialisti del pallone. Ma questa è la tv del servizio pubblico e non ci possiamo accontentare di una sorta di serata tra amici con tanto di “due spaghi”. La Rai ha il canone e quindi può, ma soprattutto deve fare meglio.
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