Dal 2020 «pubblico video sui social network e grazie a questo milioni di persone sono state incoraggiate o interpellate» dalla fede cattolica: «ricevo centinaia di testimonianze» di persone convertite o avvicinatesi a Dio e sono certo che dal digitale «passa lo Spirito Santo». Pertanto, nel 2023 «ho deciso di dedicarmi a tempo pieno a questa attività. Pubblico un video ogni due giorni… Ci vuole molto tempo, ma ne sono felice! Sotto l’aspetto tecnico mi aiuta un piccolo team; mi sto anche formando teologicamente e godo di un sostegno spirituale. Ma se notate qualche errore, vi prego di segnalarmelo!».
Si presenta così “Le catho de service”, identità digitale assunta con buona dose di ironia – potremmo tradurla “il cattolico in servizio”, o “di turno” – dal venticinquenne di origini franco-polacche Victor Dubois de Montreynaud. È attivo con un seguito numeroso sull’ormai inevitabile quartetto comprendente TikTok, Instagram, YouTube e Facebook (in ordine di follower/iscritti: 242mila, 107mila, 73mila e 22mila) e lo si può considerare un esponente di spicco della vivace «scuola francese» di missionari digitali.

Un anno di seminario, poi studi di lettere e di teatro e infine la scelta convinta del mestiere di videomaker, speso in chiave di apostolato. Il linguaggio è quello che ti aspetti da un millennial. Parla velocemente davanti a una scenografia curata: un’icona dello Spirito Santo, un grande crocifisso, una copia del suo libro “Soyons saints” e una finta pianta verde, perché, dice, «dal suo seno scorrono sorgenti di acqua viva» (lo scrive “La Croix”). Il montaggio, serrato, comprende numerosi inserti.
Tra i molti video sopra le 100mila visualizzazioni figurano “Comment prouver que Dieu existe” (147mila click, un anno fa, su YouTube) o “Une nuit d’adoration” (374mila, lo scorso dicembre, su Instagram). Il primo affronta la questione, decisamente intramontabile, della ragionevolezza della fede; il secondo narra l’esperienza vissuta dell’adorazione eucaristica permanente nella basilica del Sacro Cuore a Montmartre. Ma i contenuti su cui spazia “Le catho de service” sono estremamente vari: lo si può cogliere in polemica con “Charlie Hebdo” o a commemorare la morte di papa Francesco; incantato da una scena-chiave della serie TV “The Chosen” o mentre presenta «la Quaresima in un minuto».
Evidentemente consapevole che sui social risaltano troppo le polarizzazioni, lui si dichiara «ni tradi, ni chacha» (espressione gergale giovanile di difficile traduzione ma di facile comprensione). Ma era improbabile che, in un paese che ha la laicità nei cromosomi, un “cattolico in servizio” non si esponesse alle classificazioni. Ecco un sito di analisi dei media accusarlo di un uso distorto del dato storico ed eccone un altro, cattolico d’impronta antimoderna, lodarne la militanza. Più equilibrato “Le Pèlerin”, in un articolo che gli ha dedicato nel 2024 (riservato agli abbonati): lo definisce un «apologeta», argomentando sulla nuova diffusione digitale di questa forma antica di evangelizzazione.
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