Se i funerali si riducono a una photo opportunity
C’erano una volta, a Milano e nel resto d’Italia, i funerali
C’erano una volta, a Milano e nel resto d’Italia, i funerali. Erano un rito lento, grave. Il primo segno era un biglietto scritto a penna su un portone: avviso di lutto. Ma subito l’impresa delle pompe funebri addobbava l’ingresso con pesanti teli di velluto cremisi. A me, bambina, facevano un po’ paura. Mi sembravano un sipario, come su uno spettacolo finito. Li traversavo in fretta, rincasando. La portineria odorava di fiori, tanti, e già dolciastro il profumo, sulla via di appassire. Nella casa del defunto qualcuno accoglieva i visitatori. Si andava a portare omaggio al morto nella bara, nel salotto buono, i mobili tirati da parte. Ma il defunto veniva salutato in casa sua: non si andava alla funeral house. Poi, all’ora convenuta, un prete e i chierichetti aspettavano sotto casa, con la croce. Vicini e amici si radunavano puntuali. Il corteo aperto dal crocefisso e addobbato con una stola viola girava, lento, per il quartiere: come il saluto dell’uomo che se ne andava. Dai negozi, dai bar, la gente usciva e si segnava. Anche le prostitute di una vicina via malfamata, ricordo, si facevano la croce, commosse. Il corteo a passo d’uomo ostacolava il traffico già caotico della Milano anni ’60, un mare di Fiat 600 e grossi camion carichi di mattoni per nuove case, che sobbalzavano pesanti sui binari del tram. Eppure, quando il traffico si fermava per un funerale non si scatenava alcun coro di clacson. Gli automobilisti intravedevano forse, alto , il crocefisso, e aspettavano. Un uomo era morto: era pietà, almeno, tacere e fermarsi. Dunque il silenzio, nelle case, in strada, era la cifra dei funerali di quando ero bambina. Una bolla di silenzio nella Milano alacre e impaziente, tuttavia memore ancora di cos’è la morte. (Se ne era vista tanta, appena vent’anni prima. Ci si ricordava). Perciò mi meravigliano i modi dei funerali del Terzo Millennio. Folle di dolenti divise fra “vip” che passano subito, inseguiti dai flash, e “gente comune” in umile attesa. Tanti che mostrano una foto insieme defunto da giovane, abbracciati: «Il più caro degli amici», assicurano. Sembra quasi una photo opportunity, un funerale, un’occasione per comparire sui social. Qualcosa di stonato. Quasi che, messi davanti alla morte, molti ancora la sfuggissero, pensando a cosa indossare per l’occasione, e a procurarsi il pass da vip naturalmente. La bara di Giorgio Armani nel grande teatro era chiusa. Nelle case, una volta, si salutava il morto guardandolo in faccia: e in quel pallore si riconosceva la distanza incommensurabile del viaggio che aveva intrapreso. In quel pallore in silenzio si piangeva, si ricordava, ci si riprometteva: noi due, ci rivedremo.
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