Trasparenza virtù rara sul “mistero” spionaggi
Dopo la rivelazione sulle "spiate" ai danni anche di don Mattia Ferrari, aumentano i timori sulle opacità nell'uso di Paragon: da chi e con quali motivazioni era usato? Le non risposte d
Gareggiando a chiedere trasparenza si finisce col dimenticare di cosa si tratta. Prendendo spunto dal celebre detto di Pietro Nenni sulla «purezza» in politica, si può fotografare così lo stato dell’arte della storia di spionaggio a danno di persone comuni, messe sotto controllo con un software della società israeliana Paragon. Che già era fonte d’imbarazzo e ora sta diventando davvero sconcertante. Specie dopo l’ultima puntata, che ha visto emergere fra gli spiati persino un sacerdote, don Mattia Ferrari, “reo” addirittura di essere il cappellano di Mediterranea, l’ong che salva i migranti in mare. Il “gioco delle parti” in politica è sempre lo stesso (e vale, a fasi alterne, un po’ per tutte le forze politiche): è facile ricordarsi le infinite volte in cui, dai banchi dell’opposizione, l’attuale premier Giorgia Meloni invocava la massima «trasparenza», basti ricordare a mo’ di esempio quella che chiedeva tre anni fa sulle gare Ue per i vaccini contro il Covid. «I cittadini italiani ed europei meritano risposte», tuonava in quella occasione. E adesso? Ricapitoliamo brevemente i fatti: l’azienda israeliana fornisce questo “prodotto” denominato Graphite (che si installa sul cellulare senza che l’utente faccia o sappia nulla), esclusivamente ai governi, e per di più solo a quelli che danno garanzie democratiche perché è facile immaginare gli usi che potrebbe farne invece una autocrazia. La funzione è quella di protezione della sicurezza nazionale davanti ai reati più gravi che esistano. Sul tema la settimana scorsa c’è stata una “giravolta” del governo che, dopo aver detto di non voler rispondere alle interrogazioni delle opposizioni, ha visto il ministro della Giustizia, Nordio, presentarsi alla Camera solo per dire che il suo dicastero non c’entra nulla con la vicenda. Tuttavia, Giustizia a parte, a oggi non è dato conoscere dal governo acquirente e sulla carta utilizzatore unico dello “spyware” (governo che per ora ha avviato una "due diligence"), se sa da chi, per quali persone sia stato usato Graphite (gli interessati sono stati avvisati da un’azienda privata come Meta, anziché da chi detiene il potere pubblico!) e con quali motivazioni. Che sarebbero legittime quando è in ballo la sicurezza nazionale (con annessi segreti da mantenere), ma che in questo caso sono davvero difficili da cogliere. A meno di non pensare che siano crimini molto gravi la solidarietà, “attività” propria di ogni sacerdote, o l’informazione (fra gli spiati c’era pure il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato). In un Paese democratico ciò dovrebbe rappresentare il minimo delle garanzie richieste a un governo trasparente, per l’appunto. Evidentemente, dalle parti di Palazzo Chigi la si pensa in modo diverso.
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