Terzo mandato, cosa succede con l'apertura di Meloni

FdI cambia posizione e si dichiara disponibile a discutere una proposta dei governatori. La Lega esulta, FI frena, il centrosinistra teme. In autunno si vota in 5 Regioni, Zaia e De Luca alla finestra
June 5, 2025
Terzo mandato, cosa succede con l'apertura di Meloni
Ansa | La presidente del Consiglio Giorgia Meloni
Il motivo del possibile ripensamento lo spiega, indirettamente, Giorgia Meloni. «La riforma più grande è la riforma della stabilità», dice la premier alla festa del quotidiano La Verità. Non il premierato, non la separazione delle carriere, non l’autonomia. Ma la stabilità, la prospettiva di arrivare fino in fondo con «questa maggioranza». Una stabilità che, va da sé, richiede compromessi e correzioni di rotta.
Come quella che ha comunicato il fedelissimo Giovanni Donzelli poco prima che la premier si accomodasse nel salottino di Maurizio Belpietro: «La questione del terzo mandato - dice il responsabile organizzazione di FdI al termine dell’esecutivo del partito - si può affrontare prima dei prossimi voti regionali, oppure dopo... si valuta, non c’è una preclusione. Se fanno un documento in Conferenza delle regioni ha un peso», vuol dire che il tema «non lo affrontiamo per un singolo governatore, per De Luca o Zaia». Difficile non definirla una capriola. In Parlamento FdI (con FI e Pd) ha bloccato emendamenti della Lega che avrebbero spianato la strada a Luca Zaia. Mentre il Consiglio dei ministri, sempre su spinta melonian-tajaniana, ha sia portato in Corte costituzionale la legge regionale campana pro-De Luca sia fermato i sogni di gloria del trentino Fugatti. E lo stop al terzo mandato ha quasi causato una crisi in Friuli.
Ora si apre il «confronto». E la Lega esulta: «Discutere di terzo mandato, come chiesto dalle Regioni, è una scelta saggia all’insegna dell’autonomia, della leale collaborazione istituzionale e soprattutto rispettosa della volontà popolare», dicono dal Carroccio. Mentre poco prima Matteo Salvini aveva invitato a sbrigarsi sulla scelta dei candidati a governatore nelle sei Regioni che votano in autunno (Campania, Veneto, Puglia, Toscana, Marche e Valle d’Aosta).
Nella sua intervista serale Meloni depotenzia il valore delle prossime Regionali, e preferisce volare alto tra dossier internazionali, Ucraina, Medioriente. La polemica se la concede solo con gli «attori di sinistra», soprattutto con coloro che hanno definito il governo «un clan» per via della riforma del “tax-credit”. Per la premier, si tratta solo un’operazione «contro gli sprechi».
Al netto delle punture, la riapertura del dossier terzo mandato è la notizia politica del giorno. Ed esprime la volontà della premier di aggiustare i problemi con gli alleati. Anche se, per una Lega che si ammorbidisce, c’è una Forza Italia che con Gasparri avvisa: «La nostra linea non cambia, chiamerò Donzelli».
Nel “campo largo”, è Matteo Renzi a dare voce alle preoccupazioni anche degli altri leader: «Meloni apre al terzo mandato per convenienza personale, perché spera di aprire un caos nel centrosinistra in Campania e di risolvere i problemi con la Lega confermando Zaia. La premier non ha valori e non crede in niente, sposa tutte le idee che possono farla galleggiare». Anche nel Pd si respira preoccupazione, perché un eventuale blitz sul terzo mandato manderebbe all’aria il lavorio che si sta facendo per archiviare la stagione di De Luca senza però perdere i voti del governatore in Campania.
In ogni caso, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Nei fatti Donzelli ha lanciato la palla ai governatori. Ha preso tempo. E non è detto che la Conferenza delle Regioni abbia una visione unanime del dossier. Non solo, i sindaci sono pronti a mettersi in scia, al grido "perché loro sì e noi no?". Dunque la soluzione del rebus non è a breve termine. Mentre le prossime settimane saranno comunque gravide di temi divisivi, per la maggioranza.
Il vertice Nato del 24-25 giugno, ad esempio, porterà Giorgia Meloni a dire parole definitive sulla spesa militare. Ieri il ministro Crosetto parlava di un 3,5% di Pil in difesa da raggiungere entro il 2030. Una progressione che richiederebbe alla premier di rivedere le sue riserve rispetto agli “strumenti” che l’Ue ha messo a disposizione degli Stati membri. E se il cambio di rotta sul terzo mandato avvicina FdI e Lega, il cambio di rotta sulle armi potrebbe riallontanarli. Ma in ogni caso da ieri la premier ha offerto la chiave di lettura che conduce al 2027: «La riforma più grande è la stabilità». E ha anche definito, con i vertici di FdI, l’arma spazza-polemiche: una grossa campagna estiva sulla sicurezza, perché delle norme contenute nell’ultimo decreto «dobbiamo essere fieri».

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