Perché il sì al decreto sicurezza ha causato la "resistenza passiva" in Aula
Via libera del Senato con 109 sì, 69 contrari e un astenuto. Protesta delle opposizioni: seduti a terra a gambe incrociate. Flash mob di FdI: "Lo Stato è tornato"

Ed è solo l’antipasto. Lo dice l’opposizione, lo sa la maggioranza. I rapporti tra i due fronti è ai minimi storici e ieri, al Senato, complice il decreto-sicurezza approvato con la fiducia, è iniziata una escalation che avrà come prossima tappa la piazza di sinistra di sabato per Gaza, come secondo step i referendum di domenica e lunedì e come terzo atto la battaglia sulla riforma della giustizia, attesa a Palazzo Madama dall’11 giugno.
I fatti, innanzitutto. Il Senato dice 109 sì alla fiducia richiesta dall’esecutivo, 69 i voti contrari con un solo astenuto. Il responso lo accolgono soddisfatti i ministri Nordio, Salvini, Ciriani e Calderoli. Il pentastellato Stefano Patuanelli non ritira la scheda, a emulare, ironicamente, il gesto che compirà domenica Giorgia Meloni nel suo seggio referendario.
Ma quello dell’ex ministro M5s è l’ultimo dei “gesti clamorosi” di giornata, se paragonato agli altri. Certamente la scena se la prendono, con scaltrezza, un gruppo di senatori pentastellati, dem e di Avs. Si piazzano al centro dell’emiciclo, alzano le mani e gridano «arrestateci tutti», con riferimento alle nuove norme che cambiano le regole d’ingaggio delle manifestazioni pubbliche, aggiungendo reati per chi protesta e integrando le tutele per le forze dell’ordine.
La mossa del campo Pd-5s-Avs serve, evidentemente, a mettere ombra su quanto Fratelli d’Italia aveva annunciato da alcune ore: un flash-mob in piazza San Luigi dei francesi, allo scoccare della fiducia, dietro lo striscione «Lo Stato torna forte». Con Giorgia Meloni da Palazzo Chigi a suonare la carica per i suoi senatori: per la premier il dl-sicurezza è un «passo decisivo per rafforzare la tutela dei cittadini, delle fasce più vulnerabili e dei nostri uomini e donne in divisa». «Interveniamo - scrive Meloni sui social - con determinazione contro le occupazioni abusive, accelerando gli sgomberi e proteggendo famiglie, anziani e proprietari onesti. Combattiamo le truffe agli anziani. Rafforziamo infine gli strumenti a disposizione delle Forze dell'Ordine, per difendere chi ogni giorno difende i cittadini. Legalità e sicurezza sono pilastri della libertà».
La narrazione di Meloni e di FdI, poco dopo condivisa anche dal vicepremier Matteo Salvini e dalla Lega, è del tutto opposta a quello delle minoranze. La protesta è «nel merito» e nel metodo», e l’accusa al governo è di essere «liberticida», sia per i nuovi reati introdotti sia per il “taglio” secco della discussione parlamentare.
Anche Azione e Iv, anche Calenda e Renzi, che pure non schierano i loro senatori in cerchio con quelli di Pd, M5s e Avs, e anzi criticano l’iniziativa scenografica, alla fine alzano i toni. Il capo di Azione litiga con il meloniano Balboni, quanto quest’ultimo fa qualche accostamento tra minoranza e criminalità. Calenda va verso il collega di destra, si sfiora il contatto, «se vuoi fare il fascista ci vediamo a Colle Oppio». La parola «fascista» vola da sinistra verso destra, da destra a sinistra volano invece sfottò di scherno. Certo poco c’è stato da ridere, durante la discusione generale, quando l’esponente di FdI Gianni Berrino ha detto che «le donne che fanno figli per poter rubare, non sono degne di farlo». La bufera, sebbene a scoppio ritardato, è arrivata e lo stesso Berrino ha dovuto correggersi.
Insomma clima infuocato, con il presidente di Palazzo Madama, Ignazio La Russa, che prima ha provato a gestire e “lasciar sfogare”, poi ha dovuto interrompere i lavori. Nulla di clamoroso, alla fine la “scaletta” è stata rispettata.
Meno entusiastiche, ma comunque soddisfatte, le voci di Forza Italia, che dunque su questo tema preferiscono non riaprire distinguo dentro la maggioranza. Anche se Antonio Tajani preferisce non esporsi in prima persona e lascia la parola a Gasparri e ai senatori azzurri. Particolarmente affilato l’intervento di Matteo Renzi, che ha messo l’accento sulle modifiche inerenti i nuovi poteri della Difesa sull’utilizzo di strumenti per le intercettazioni e, soprattutto, su alcune briglie che vengono sciolte per i Servizi. «Siete fuori di capo?», chiede l’ex premier al governo.
A esprimere la preoccupazione della società civile ci pensano le Acl: «Non possiamo tacere la nostra profonda preoccupazione di fronte a un provvedimento che apre alla costruzione accelerata dei Cpr, spesso in deroga alle normative vigenti», spiega sul fronte accoglienza Gianluca Mastrovito. Per Mariangela Perito, delegata Acli alla giustizia riparativa, «questa legge rafforza la repressione e indebolisce la coesione sociale».
© RIPRODUZIONE RISERVATA





