Morto a 100 anni Sergio Flamigni, ex partigiano, deputato del Pci
Indagò sul caso Moro, passando per le Brigate Rosse e la P2. Venerdì la camera ardente all'ospedale di Bracciano, sabato i funerali

«È bene che i giovani possano costruire il futuro dell’Italia valendosi della memoria e della conoscenza del passato per evitare le tragedie causate dal fascismo, dalla guerra e dal terrorismo. La memoria storica può costituire un patrimonio di sapienza e di forza per i giovani che intendono operare e lottare per un futuro in cui sia possibile conquistare pace e lavoro nello sviluppo della democrazia». Con questa sua frase Sergio Flamigni, ex senatore del Pci scomparso oggi, 10 dicembre, riceveva il 22 ottobre scorso gli auguri sulla pagina social dell’archivio Flamigni – la sua creatura dedicata alla memoria delle stragi, degli anni di piombo e alle sue ricerche sul Caso Moro – per i 100 anni.
Se ne andato pochi giorni dopo aver superato quel traguardo. Del suo secolo di vita lascia in eredità soprattutto gli ultimi quaranta anni passati a indagare sulle Brigate Rosse, sulla strage di via Fani, sull'assassinio di Aldo Moro, spaziando dalla loggia P2 all'eversione nera, fino al ruolo dei servizi segreti deviati e a Gladio. Il suo obiettivo era quello di intercettare le connivenze tra poteri occulti e apparati istituzionali, la “tela del Ragno” come la definiva, diventata il titolo del suo libro più importante. Un lavoro di ricerca iniziato in Parlamento proseguito dopo per tentare di comprendere la strategia della tensione e le ferite mai rimarginate della democrazia italiana.
Nato a Forlì il 22 ottobre 1925, Flamigni è stato partigiano. Iniziò giovanissimo l'attività politica: nel 1941 entrò in un gruppo culturale antifascista clandestino, aderendo l'anno seguente al Partito Comunista. Nel 1943 fu nominato responsabile del movimento giovanile comunista della Federazione forlivese del Pci, e l'anno successivo partecipò attivamente alla Resistenza come commissario politico della 29/a brigata Gap "Gastone Sozzi" e fu tra gli organizzatori delle Avanguardie garibaldine. Divenne segretario della Cgil di Forlì nel 1952 e poi, nel 1956, della Federazione comunista forlivese. Membro del Comitato centrale del Pci dal 1959, ricoprì anche ruoli di rilievo nella direzione nazionale e nella segreteria del partito. Eletto alla Camera dei deputati nel 1968, fu parlamentare per quasi vent'anni, ricoprendo incarichi di rilievo poi al Senato (dal 1979 al 1987). Fu, fra gli altri incarichi, soprattutto protagonista attivo nelle tre più importanti Commissioni d'inchiesta della storia repubblicana: quella sul terrorismo e il caso Moro, sulla loggia massonica P2 e sulla mafia. Dà quell’impegno prese inizio la missione finale della sua vita, portata avanti fino ai suoi ultimi giorni di vita.
Ma il nome di Sergio Flamigni è legato soprattutto al caso Moro. Membro della Commissione parlamentare d'inchiesta istituita nel 1980, dedicò gran parte della sua vita successiva a studiare, ricostruire e denunciare le ombre del sequestro e dell'assassinio del presidente della Democrazia Cristiana. Ha lavorato a smontare la versione ufficiale degli eventi, convinto com’era – spesso in polemica con la storiografia democristiana ufficiale – che vi fossero responsabilità più ampie e articolate rispetto al solo gruppo terroristico delle Brigate Rosse. Ha evidenziato in particolare il ruolo ambiguo dei servizi segreti italiani e stranieri. Una delle sue tesi più controverse, contestata da gran parte della storiografia ufficiale, riguarda la singolare figura di Steve Pieczenik, lo psicologo americano inviato a Roma nel 1978 su mandato del Dipartimento di Stato. Flamigni e la sua presenza si inserisse in una strategia di "guerra psicologica" volta a impedire la liberazione dell'ostaggio, ad appropriarsi dei suoi scritti e a garantire il silenzio dei brigatisti.
Dal 1988, dopo la fine dell'attività parlamentare, si è dedicato a un meticoloso lavoro di ricerca e divulgazione, pubblicando oltre venti volumi su mafia, P2, terrorismo, Gladio e strategia della tensione. Le sue opere sono divenute un punto di riferimento per studiosi degli intrecci di quegli anni giornalisti, storici e magistrati, ma anche tanti studenti. Tra i suoi titoli più noti: "Trame atlantiche. Storia della loggia massonica P2" (Kaos, 1996), "La sfinge delle Brigate Rosse. Delitti, segreti e bugie del capo terrorista Mario Moretti" (Kaos, 2004), "Dossier Pecorelli" (Kaos, 2005), "Il sequestro di verità. I buchi neri del delitto Moro" (Kaos, 2008) e "Dossier Gladio" (Kaos, 2012).
Nel 2005 ha fondato il Centro documentazione Archivio Flamigni a Roma, a cui ha donato il suo archivio personale. Il centro, che ha sede nel cuore della Garbatella, ed è diretto da Ilaria Moroni, presidente Giovanni Tamburino, è oggi una delle più importanti fonti documentarie italiane su eversione, terrorismo e criminalità organizzata. Sede di incontri, convegni, presentazioni di libri e iniziative di studio, è frequentato da molti studenti universitari che per ragioni didattiche o passione personale intendono approfondire queste tematiche. L’archivio conserva carte, e fotografie private provenienti dalla famiglia di Aldo Moro, versate fra il 2012 e il 2016.
Venerdì 12 dicembre ci sarà la camera ardente all'ospedale di Bracciano dalle 10 alle 13. L'11 gennaio 2026 l’archivio Flamigni organizzerà una commemorazione presso la sua sede, in piazza Bartolomeo romano, a Roma.
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