Le Autorità di vigilanza sono pilastri delle democrazie. Purché autonome
Dalla Francia agli Stati Uniti, dal Regno Unito alla Germania, come funzionano i Garanti. Il caso Italia

Le autorità indipendenti sono organismi pubblici istituiti per vigilare su settori complessi, garantendo decisioni basate su competenza e imparzialità piuttosto che su convenienze politiche. Sono nate per presidiare ambiti sensibili — come media, privacy, concorrenza, finanza, energia — e rappresentano una delle innovazioni più delicate dei sistemi democratici contemporanei. In linea teorica dovrebbero essere collocate tra il potere legislativo e quello esecutivo, abbastanza distanti da entrambi da non essere condizionate, ma comunque tenute a rendere conto al Parlamento e ai cittadini. Negli Stati Uniti, dove il modello ha avuto origine, le agenzie indipendenti sono create dal Congresso con leggi specifiche. Il presidente le nomina, ma non può revocarle liberamente: i membri restano in carica per un mandato fisso e spesso non più di una certa quota appartiene allo stesso partito. Questo sistema mira a impedire che ogni cambio di governo determini un ricambio totale della struttura. Tuttavia, negli ultimi anni sono emersi segnali di tensione. Le decisioni dell’amministrazione Trump, tese a imporre un maggiore controllo della Casa Bianca sulle agenzie, hanno riaperto il dibattito sul loro grado di autonomia.
La richiesta di far passare molte decisioni regolative attraverso un ufficio di controllo presidenziale è apparsa a molti come un passo indietro rispetto al principio di indipendenza, specie nei campi legati all’informazione e alla comunicazione politica, dove l’autonomia delle agenzie è essenziale per la tutela della libertà di espressione. Nel Regno Unito le autorità di regolazione – come quella per le comunicazioni, che sovrintende radio, televisione e reti digitali – sono create per legge e rispondono al Parlamento, non al governo. I dirigenti vengono nominati da un organo pubblico, di norma il ministro competente, ma la scelta è preceduta da un processo trasparente, con audizioni e criteri fissati da commissioni indipendenti. Anche qui il punto centrale è garantire che l’autorità operi con autonomia di giudizio, soprattutto nei casi che riguardano il pluralismo dell’informazione o la correttezza dei contenuti diffusi. In Francia, invece, la tradizione giuridica centralista ha portato a una lunga discussione sul grado di separazione tra governo e autorità. Le autorità amministrative indipendenti, nate dagli anni Ottanta, comprendono organismi come quello per la protezione dei dati personali o per l’audiovisivo. I loro vertici sono nominati con decreto del presidente della Repubblica, ma dopo parere o intesa con le Camere. La legge prevede mandati non rinnovabili e incompatibilità con altri incarichi pubblici, per rafforzare la neutralità. Inoltre, il bilancio è autonomo e sottoposto al solo controllo della Corte dei conti, non del governo.
In Germania il principio di indipendenza è molto radicato sul piano costituzionale. Le autorità di vigilanza operano come enti pubblici, sottoposti a un controllo di legalità, ma non di opportunità politica. I membri sono scelti da una commissione formata in parte dal governo federale e in parte dal Bundestag, e devono essere tecnici di provata esperienza. Questo sistema è particolarmente rigoroso nel campo dei media: i Länder, cioè gli Stati federati, hanno autorità regionali per la radiodiffusione che garantiscono l’equilibrio tra pluralismo, libertà di stampa e tutela dei cittadini, da ogni ingerenza governativa. Ricollegandosi ai due casi di attualità – quello italiano sul Garante e quello internazionale riguardante la rete pubblica britannica e Donald Trump – la comparazione internazionale mostra quanto sia delicato l’equilibrio tra autonomia e responsabilità. Se l’autorità appare troppo vicina alla politica, perde credibilità; se è completamente isolata, rischia di sottrarsi al controllo pubblico. L’esperienza degli Stati Uniti e dell’Europa insegna che la vera indipendenza non è una formula giuridica, ma una condizione che deve essere continuamente difesa da interferenze e pressioni. Le democrazie moderne si reggono anche su questi pilastri silenziosi: istituzioni che operano con competenza e rigore, capaci di resistere ai cicli del consenso e alle ondate della propaganda. Quando tali pilastri si indeboliscono, anche il confronto pubblico e l’informazione diventano più fragili, e le polemiche non sono più solo episodi, ma sintomi di un sistema che fatica a distinguere tra potere di governo e garanzia dei diritti.
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