Il Senato approva la separazione delle carriere: le novità della riforma

Tutte le novità introdotte del disegno di legge costituzionale, passato con 112 voti favorevoli, 59 contrari e 9 astensioni. Referendum previsto in primavera
October 30, 2025
Il Senato approva la separazione delle carriere: le novità della riforma
Il risultato del voto finale in Senato sul ddl sulla separazione delle carriere dei magistrati, Roma, 30 ottobre 2025. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
La riforma che introduce la separazione delle carriere della magistratura è stata approvata definitivamente dall'aula del Senato. Il disegno di legge costituzionale ha avuto 112 voti favorevoli, 59 contrari e 9 astensioni. Il voto è il quarto e ultimo passaggio parlamentare (doppia lettura per ciascuna camera), come previsto dalla Costituzione. Poiché non è stata raggiunta la maggioranza dei due terzi, si terrà un referendum confermativo, che dovrebbe svolgersi nella primavera del 2026. Esulta la premier Giorgia Meloni che sui social parla di «un passo importante verso un sistema più efficiente, equilibrato e vicino ai cittadini» e di «un traguardo storico» rispetto a «un impegno concreto mantenuto a favore degli italiani. Governo e Parlamento hanno fatto la loro parte, lavorando con serietà e visione. Ora la parola passerà ai cittadini - prosegue il post -, che saranno chiamati ad esprimersi attraverso il referendum confermativo. L’Italia prosegue il suo cammino di rinnovamento, per il bene della Nazione e dei suoi cittadini. Perché un’Italia più giusta è anche un’Italia più forte».
Si tratta di uno dei testi cardine del programma di Governo, sostenuto con vigore dal centrodestra (che ne propugna la necessità fin dai tempi di Berlusconi premier) e avversato con altrettanta forza dalle opposizioni e dalla magistratura associata. Ma cosa prevede quella che il Guardasigilli Carlo Nordio, padre “legislativo” del testo, ha più volte definito la «madre di tutte le riforme»? Vediamolo nel dettaglio.
Carriere completamente distinte per giudici e pm
Attualmente le carriere in magistratura non sono separate: un magistrato entrato per concorso può scegliere di rivestire funzioni giudicanti, ossia di fare da giudice all’interno di un tribunale, oppure funzioni requirenti, cioè di lavorare come pubblico ministero e occuparsi quindi di condurre le indagini e di sostenere la pubblica accusa in dibattimento. Dal 2022, in base alla riforma Cartabia, il magistrato può cambiare carriera solo una volta ed entro dieci anni da quando aveva optato per il primo percorso di pm o di giudice. Una situazione che, secondo stime recenti, riguarderebbe una ventina di toghe l’anno su 9.500 in servizio. Tuttavia, per il Governo è cruciale tenere la porta comunicante completamente chiusa e realizzare percorsi professionali separati. Così, il ddl in premessa ribadisce come la magistratura costituisca un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere, ma precisa (ed è la novità principale del testo da cui discendono le altre) che sarà «composta dai magistrati della carriera giudicante e della carriera requirente». Lo prevede l’articolo 3 del disegno di legge, che andrà (sempre se supererà il vaglio del referendum confermativo) a integrare e modificare l’attuale primo comma dell’articolo 104 della Costituzione. Di conseguenza, pur mantenendo fermo il principio scolpito nell’articolo 107 della Carta (in base al quale i magistrati si distinguono tra loro soltanto per la diversità delle funzioni), il ddl introduce il percorso delle «distinte carriere dei magistrati giudicanti e requirenti». Come saranno disciplinate? Le nuove regole vengono demandate alla riforma dell’ordinamento giudiziario: ergo, in assenza di cogenti previsioni costituzionali, di fatto toccherà alla legge ordinaria disciplinare tanto le nuove regole dei concorsi (ad esempio, sarà una sola procedura comune o due distinte?) sia del funzionamento degli organismi di formazione, per cui anche l’attuale Scuola Superiore della Magistratura potrebbe essere duplicata.
Due Csm al posto di uno (e il nodo del sorteggio)
La duplicazione, come detto, è un tratto costante della nuova normativa. Anche il Consiglio superiore della magistratura, attuale organo di autogoverno di tutte le toghe, Le competenze dell’unico organo di autogoverno della magistratura, nel ddl viene sdoppiato, con la creazione di un Consiglio superiore della magistratura giudicante e di un altro della magistratura requirente, comunque presieduti entrambi dal Presidente della Repubblica, in base a una modifica sia dell’articolo 87 che dell’articolo 104 della Costituzione. Come verrebbero composti i due organi? La scelta della modalità di individuazione dei consiglieri (attualmente quelli laici – giuristi o avvocati di chiara fama - vengono votati dal Parlamento; quelli togati, ossia magistrati in servizio, vengono eletti dalle stesse toghe, attraverso elezioni a cui partecipano le componenti, o “correnti”, della magistratura associata) prevede il sorteggio di nominativi individuati in un elenco per i laici e invece il sorteggio “secco” per i togati. Nel dettaglio, la composizione dei due nuovi Csm sarebbe così prevista: un membro togato di diritto (il primo presidente della Cassazione nel Csm giudicante e il procuratore generale in quello requirente); un terzo di componenti laici, estratti a sorte dai nomi di un elenco predisposto dal Parlamento in seduta comune: i restanti due terzi di componenti togati, ma estratti a sorte rispettivamente tra i magistrati giudicanti (che sono circa 7mila, fra giudici penali e civili) e quelli requirenti (che contano circa 2mila pubblici ministeri, fra procuratori, aggiunti e sostituti). La durata della carica è di quattro anni e chi viene designato non potrà partecipare al sorteggio per la consiliatura seguente. I due vicepresidenti di ciascun Csm, infine, verrebbero individuati con un ulteriore sorteggio fra i componenti laici dei rispettivi Consigli. Quali competenze avrebbero i due organi gemelli? Tutte quelle attuali (assunzioni, assegnazioni e trasferimenti, valutazioni di professionalità e conferimenti di funzioni) tranne una che però è di indubbio rilievo: i provvedimenti disciplinari per i magistrati, assegnati a un ulteriore ente, nuovo di zecca e la cui istituzione continua a far discutere.
L’Alta Corte disciplinare
Si tratta della cosiddetta “Alta Corte disciplinare”, una delle principali novità del disegno di legge Nordio. L’articolo 4 della riforma (che va a modificare l’articolo 105 della Carta) istituisce dunque un nuovo organo di rilievo costituzionale destinato a prendere in carico alcuni compiti e funzioni attualmente ripartite fra il Csm e la Corte di Cassazione, riguardanti la delicata materia della «giurisdizione disciplinare nei riguardi dei magistrati ordinari, giudicanti e requirenti». Come verrà composta la Corte? Da 15 giudici in totale, che saranno in carica per 4 anni senza possibilità di rinnovo. Tre saranno laici di nomina del capo dello Stato fra docenti ordinari di diritto o avvocati con pratica forense ventennale. Altri tre, sempre laici, saranno sorteggiati da un elenco compilato dal Parlamento coi nomi di altri giuristi con le medesime caratteristiche. Poi ci saranno 9 magistrati, 6 giudicanti e 3 requirenti (in base alle proporzioni della presenza in magistratura) con almeno vent’anni di servizio. Infine, il presidente dovrà essere eletto fra i componenti laici. Le decisioni emesse in prima istanza dall’Alta Corte potranno essere impugnate dai destinatari dei provvedimenti, anche per ragioni di merito, ma solo dinanzi alla stessa Corte (che tuttavia dovrà giudicare il caso senza la partecipazione dei membri che avevano concorso ad assumere la sentenza impugnata).
A marzo il vaglio del referendum confermativo
Le novità previste dal disegno di legge costituzionale non entreranno in vigore dopo il quarto via libera del Parlamento. Ciò sarebbe stato possibile, secondo la Costituzione, solo se il ddl avesse ricevuto il voto favorevole dei due terzi dei componenti delle rispettive Camere. Pertanto, secondo la Carta, saranno i cittadini a dover decidere, attraverso lo strumento del referendum confermativo, se le modifiche della Costituzione diverranno effettive. Per questo tipo di referendum - che potrebbe avere luogo fra marzo e aprile del 2026, secondo quanto ipotizza l’esecutivo - a differenza da quelli cosiddetti “abrogativi” (che puntano cioè a cancellare una legge o parti di essa) non è prevista l’asticella del quorum, ossia una minima soglia di partecipazione al voto da raggiungere.

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