Fra coraggio ed equilibrismi

Illogico, davanti al tracotante ciclone Trump, pensare di buttare a mare la storica alleanza con gli Usa. Va trovata una nuova compattezza euro-atlantica, miglior garanzia anche per l'Ucraina stessa
March 1, 2025
Fra coraggio ed equilibrismi
ANSA | Il presidente ucraino Volodymir Zelensky e Keir Starmer a Downing Street, residenza del primo ministro britannico
E adesso? È l’interrogativo che aleggia in tutte le cancellerie europee all’indomani del tracotante spettacolo offerto da Donald Trump (con l'appoggio determinante del suo vice JD. Vance) con Volodymyr Zelensky, scena apicale di una stagione maledettamente complicata. Per i vertici dei Paesi membri dell’Unione, messi di fronte a un’esibizione del più forte che brutalizza il più debole, si prospetta l’ennesimo bivio tra due fuochi. Con l’aggravante che, stavolta, a tentare di dividere l’Europa non è solo Putin, ma sembra esserlo pure il presidente Usa con la sua dose di disprezzo verso l’Ue, in una sorta di “trumputinismo”. Rischia così di rivelarsi un’illusione ogni via di mezzo che pur si cerca di perseguire da parte di vari premier, inclusa Giorgia Meloni con la sua proposta, di buon senso, di un vertice generale fra la Casa Bianca e gli alleati per evitare «divisioni» dell’Occidente; posizione che risente però del suo apparire ora adagiata su una linea filo-Usa (di Trump) che è esattamente l’opposto di quella Biden, appoggiata a suo tempo dalla leader di FdI. Sempre più netta è allora l’esigenza di adottare scelte nette, cercando per quanto possibile di mettere al bando doppiezze di troppo. Al fondo di tutto c’è una verità: l’Europa per decenni ha rimosso l’idea della difesa (e con essa della guerra), cullandosi nelle comode certezze offerte dagli States tramite l’ombrello Nato. Ora Trump ci costringe a guardare in faccia la realtà: ci sta dicendo, con i suoi modi rudi, che gli Usa non considerano più sufficiente il “ritorno” che hanno avuto nei decenni da questi ingenti sforzi economici e militari. Per questo per l’Europa non basta più “accodarsi” agli invii di armamenti: è chiamata ora a un supplemento d’impegno. Vuole farlo? Saprà farlo per difendere quei principi di libertà e indipendenza su cui si è fondata? Per riuscirci, per creare una politica comune di difesa e sicurezza che è pre-condizione anche per una nostra autonomia, servono però risorse (e alimentate possibilmente da un debito comune). Tanti soldi. E, quindi, anche la rinuncia, per recuperare fondi, a parte delle nostre certezze, anche di Welfare. Vogliamo e sappiamo farlo? È questa la prima domanda a cui cominciare a rispondere non solo oggi al summit di Londra, ma anche nella consapevolezza dei popoli. Sono ragioni per cui servono leader “veri” da schierare. Non a caso, in questa nuova fase di titubanza (se non impotenza) dei vertici comunitari, sulla prima linea si sono ritrovati, in un inedito asse franco-britannico, Emmanuel Macron e Keir Starmer, leader di due potenze atomiche, a sostituire il tradizionale motore che era basato pure sulla Germania. Motore entrato in crisi per le rispettive difficoltà di Berlino e Parigi anche se, pur più debole oggi, Macron è stato abile a ritagliarsi un ruolo col suo attivismo (per quanto finora infruttuoso) che è andato a coprire il ”vuoto” di Bruxelles. Di Starmer va colta invece la capacità d’imprimere una giravolta post-Brexit che ha portato Londra a riavvicinarsi all’Europa. Queste mosse rischiano però di essere spazzate via dall’irruenza trumpiana, incurante pure del galateo della diplomazia, da lui intesa sopratutto come un "fare affari". E il governo Meloni? È penalizzato dal rischio, sempre latente, di veder esplodere le divergenze sul binario Lega-FI. L’Italia e l’Ue si trovano messe all’angolo dal riaffacciarsi di pseudo-imperialismi vecchi e nuovi, tornati pericolosamente vicini. In questo quadro pare illogico però buttare a mare, davanti al ciclone Trump, la storica alleanza con gli Usa, anche perché la miglior garanzia per Kiev e la via per la pace vengono sempre da una compattezza euroatlantica. Va trovata una via per perseguirla che non sia illusoria, appunto. Per riuscirci, il mondo che si professa libero ha bisogno di leader coraggiosi e, soprattutto, di unità d’intenti. Senza gli uni e senza l’altra, rischia di diventare un’affannosa, quasi disperata corsa tutta in salita.

© RIPRODUZIONE RISERVATA