«Dear Donald», il doppio registro di Meloni con Trump

La premier difende il sì al 5%. Ma ora chiede al tycoon la «stessa determinazione» su Gaza e Kiev e segnali sui dazi: no alla competizione tra alleati. L'avviso alla Lega: qui anche su vostro
June 24, 2025
«Dear Donald», il doppio registro di Meloni con Trump
Ansa | Meloni e Trump allo stesso tavolo durante la cena offerta dai reali d'Olanda martedì 24 giugno, all'inizio del vertice Nato
I due momenti chiave del vertice Nato vissuto da Giorgia Meloni possono essere letti in un’unica prospettiva: l’Italia e l’Ue stanno rispondendo alle sollecitazioni di Donald Trump, ma è giusto che ora anche il nuovo corso di Washington dia dei segnali di avvicinamento alle istanze italiane ed europee.
Il primo dei due momenti-chiave lo racconta la presidente del Consiglio in prima persona, durante il punto stampa tenutosi nel primo pomeriggio di ieri, tra la fine del vertice ufficiale e l’inizio del colloquio con l’Ucraina insieme a Germania, Francia, Polonia e Gran Bretagna. I cronisti vogliono sapere cosa si è detta con Trump durante la cena offerta martedì sera dai reali d’Olanda, in cui era seduta proprio a fianco al tycoon. Meloni conferma che si è parlato anche di Medioriente, della tregua Israele-Iran, della possibile ripresa dei negoziati sul nucleare di Teheran: «Ho detto a Donald Trump che serve la stessa determinazione per altri due importanti “cessate il fuoco”: in Ucraina, dove la Russia sembra non voler fare passi avanti, tutt’altro; e a Gaza, dove la situazione è insostenibile».
La «stessa determinazione», niente di meno, chiede la premier. In particolare sul cessate il fuoco a Gaza, perché, sostiene Meloni, «tutti quanti si rendono conto che è necessario e che oggi è più facile ottenerlo». E tra le interlocuzioni che cita c’è anche quella con Netanyahu.
Il secondo momento-chiave lo si ricostruisce mettendo insieme frammenti del discorso che la premier ha tenuto durante il giro di tavolo dei leader. Quasi in conclusione, Meloni si sarebbe rivolto proprio a Trump, al «dear Donald», dicendogli che l’aumento della spesa militare deve procedere di pari passo con un’area transatlantica di libero scambio, come fossero «due facce della stessa moneta», perché «non possiamo essere in competizione tra alleati». Un invito a chiudere la stagione delle minacce tariffarie, ora che tutti i Paesi Ue si sono impegnati sul riarmo. Ai dazi Meloni accenna anche durante il punto stampa, quando si dice «abbastanza d’accordo» su un evenuale accordo al 10%, che «non sarebbe particolarmente impattante sulle nostre imprese». Una posizione che aveva espresso poco prima anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Quanto al vertice, Meloni evidenzia la «compattezza» dell’Alleanza. Gli impegni sul riarmo sono «significativi» ma «sostenibili», l’Italia li assume certa di non dover «distogliere nemmeno un euro dalle altre priorità del governo». È una tesi opposta a quella che da Roma lancia il responsabile economico della Lega Alberto Bagnai: «Portare la spesa al 5% del Pil è un obiettivo al momento irraggiungibile e insostenibile socialmente». I maldipancia del Carroccio arrivano a L’Aia ma Meloni li respinge seccamente: «Vengo qui con una risoluzione votata da tutta la maggioranza, e abbiamo fatto le nostre valutazioni con il ministro dell'Economia», ovvero il leghista Giorgetti. Ma il combinato disposto riarmo-terzo mandato potrebbe rendere caldo il ritorno a Roma della premier, dopo il Consiglio Europeo di oggi.
Sul peso economico del riarmo, Meloni smentisce chi parla di una spesa militare che, nel 2035, sarà di 100 miliardi superiore a quella odierna, anche se l’Osservatorio Milex conferma le stime che vanno in questa direzione. L’impegno che assume Meloni è quella di premiare con gli investimenti «prioritariamente» le imprese italiane ed europee, ma «quando non è possibile si lavora con gli alleati». Quanto al finanziamento, il governo conferma l’interesse verso i prestiti di Safe e l’intenzione di non adottare, per il 2026, la deroga al Patto di stabilità. Dal punto di vista politico, Meloni sbarra seccamente la porta alle ipotesi di esercito o difesa comune europea: «Attenzione alle sovrapposizioni. Noi stiamo nella Nato che si basa su eserciti nazionali che cooperano, non possiamo costruire una difesa a un altro livello». La posizione italiana è dunque «costruire la colonna europea» dell’Alleanza, che riequilbri il contributo americano.
La premier, con gli alleati nordatlantici, ha insistito infine sia sull’impegno Nato per il fianco Sud, con la Russia che si allarga verso l’Africa, sia sulla ridefinizione delle priorità di spesa: «Oggi un satellite può valere più di un carrarmato», sprona Meloni indicando l’esempio della resistenza ucraina.

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