Cirielli: «In Campania poca trasparenza, è emergenza»

Il viceministro degli Esteri e possibile candidato del centrodestra: i sondaggi danno me e Piantedosi in cima alle preferenze. Intanto lavoro al Piano Mattei
August 21, 2025
Cirielli: «In Campania poca trasparenza, è emergenza»
Archivio | Il viceministro Edmondo Cirielli
«Ho sempre dato la mia disponibilità a correre come candidato presidente per la Regione Campania. Ma sarà Giorgia Meloni a decidere, visto anche il mio impegno per il Piano Mattei». Lo afferma Edmondo Cirielli, deputato di FdI e viceministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale.
Ci crede nella candidatura in Campania ? E qual è la priorità?
I sondaggi mi danno, con il ministro Piantedosi, in cima alle preferenze dei campani come candidato di centrodestra per la presidenza delle Regione. Credo comunque che, al di là del nome, serva innanzitutto rimuovere le cause sociali della criminalità. Quindi la Regione, che si occupa di politica sociale, deve anche fiancheggiare di più l’azione delle forze dell’ordine per prevenire. Ma quello che è ancora più importante è diffondere la cultura della legalità.
Come si può rafforzare?
Legalità significa trasparenza della pubblica amministrazione. Credo che noi abbiamo gravi problemi di trasparenza. Non dico di illegalità perché questo lo diranno o lo dicono i magistrati quando gli episodi accadono. Ma sicuramente in Campania c’è un problema di un sistema politico troppo pervasivo nella vita della Regione. Io credo che questa sia una priorità e Fratelli d’Italia in ogni caso, a prescindere se sarò io o meno il candidato, si batterà per riportare il rispetto delle regole e delle procedure, per dare certezze e sicurezza. Crediamo peraltro che proprio la mancanza di trasparenza sia una delle principali cause del disastro della sanità in Campania.
Piano Mattei: ci traccia un bilancio?
Il percorso del Piano Mattei è ancora lungo, ma abbiamo gettato delle basi irreversibili, rimettendo l’Italia al centro. A oltre un anno e mezzo dal suo avvio rappresenta un investimento a tutto tondo grazie a un’idea semplice, ma geniale, lanciata da Giorgia Meloni. Quella di partire dai bisogni degli africani, a cui rispondere mettendo a regime tutto il sistema italiano pubblico-privato e rovesciando l’approccio dirigista seguito per decenni a livello internazionale. L’Africa, con le sue potenzialità agroalimentari, potrebbe sfamare il mondo e invece langue. Senza dimenticare le sue materie prime. Il Piano Mattei ha anche anticipato la situazione geopolitica: la guerra russo-ucraina ha dimostrato la problematicità del nostro sistema produttivo basato sulla delocalizzazione e su catene del valore sbilanciate, mentre invece potremmo raggiungere un equilibrio molto più sostenibile grazie a un partenariato approfondito, paritario e di lungo periodo con i Paesi africani.
Potrebbe rilanciare anche il Sud?
Certo. Le regioni meridionali si trovano in una posizione privilegiata al centro del Mediterraneo. L’efficacia e l’innovatività del Piano sono state riconosciute anche dall’Ue. Quando sono arrivato, il budget della cooperazione ammontava a circa un miliardo di euro, ma nei cinque anni precedenti non erano mai stati impegnati più di 500 milioni all’anno. Inoltre, si faceva troppo raramente ricorso all’approccio bilaterale: ci si basava perlopiù su quello multilaterale.
E adesso, invece?
Col Piano Mattei siamo riusciti a portare la spesa al 100% delle capacità e addirittura al 130% del 2024, e poi a passare dai 200 milioni di euro nel 2022 agli 800 milioni attuali deliberati per la sola Africa. Questo grazie anche all’apporto fondamentale di attori quali Ice, Simest, Sace e Cdp. Noi abbiamo aumentato in maniera decisiva le partnership bilaterali, dando cioè soldi direttamente ai governi dei Paesi partner. Tramite questo approccio consentiamo alle nostre imprese di essere più coinvolte.
A proposito di guerra in Ucraina, finirà mai il conflitto avviato dalla Russia?
Mi auguro che il vertice di Washington possa aver contribuito a sbloccare lo stallo. I leader europei dovranno essere uniti. Meloni non ha mai pensato di sganciarsi dall’Europa, ha sempre avuto un ruolo di mediatrice. Se vi sarà consenso sulla presenza di truppe in Ucraina, non vedo quale problema ci possa essere riguardo all’ipotesi di una missione di caschi blu sotto l’egida dell’Onu. Ogni trattativa che riguardi i territori va comunque condotta da Kiev, ma non penso che la società ucraina sia pronta, dopo tante perdite, a una pace ingiusta. In ogni caso, anche se fosse giusta sarà comunque una pace armata. Sul sostegno a Kiev, la posizione del governo resta chiara: va mantenuto fino alla fine.
Su Gaza il discorso è forse anche più complicato?
Da sempre i governi italiani hanno seguito la strategia degli accordi di Oslo, con il riconoscimento reciproco tra palestinesi e israeliani come ultimo atto di un percorso negoziale. Oggi, con una guerra in corso, generata dal pogrom del 7 ottobre dei terroristi di Hamas, una soluzione affrettata sarebbe ancora peggiore. È necessaria la liberazione degli ostaggi, la tregua immediata, la fine della dittatura di Hamas, la cessione della responsabilità su Gaza all’Anp o magari transitoriamente sotto il controllo Onu, con l’avvio immediato di trattative tra Israele e Anp.

© RIPRODUZIONE RISERVATA