Cene e vertici segreti, ma non c'è intesa sui governatori (e l'election day)
Meloni ospita a casa sua Salvini, Tajani e Lupi, ma scelte rinviate. Schlein e De Luca vanno da Conte, sulla Campania all'ultimo miglio

Le poltrone da governatore sono diventate così importanti nello scacchiere politico nazionale che, per indicare i nomi, partiti e coalizioni ci mettono più tempo di quello che servirebbe a scrivere e votare la legge di bilancio. Ma ormai ci siamo: più per dovere che per convinzione. I tempi tecnici stanno scadendo, da fine settembre inizia il tour elettorale: probabilmente inizieranno le Marche, poi seguiranno le altre Regioni chiamate al voto, rigorosamente in ordine sparso: Toscana, Puglia, Campania, Veneto, Valle d'Aosta. Perché anche la più semplice e razionale delle intese è ormai saltata: niente election day, l'Italia subirà lo stillicidio di sei diverse date elettorali (a meno di accorpamenti casuali) nel pieno della sessione di bilancio, con due guerre in corso, il quadro finanziario europeo da varare e una lunga lista di sfide interne e internazionali. In ogni caso, mal che vada, come detto più per necessità che per vera convinzione, entro fine luglio i nomi dei candidati a presidente dovranno venire fuori. Nel centrodestra come nel centrosinistra.
La cena da Meloni: i nodi e le ipotesi del centrodestra
Per provare a rilassare il clima, lunedì sera Giorgia Meloni ha giocato la più berlusconiana delle armi: un invito a cena a casa sua. Presenti nella residenza romana della premier Antonio Tajani, Matteo Salvini e Maurizio Lupi. Ma a cena conclusa, l'annuncio delle candidature comuni non arriva. La nota ufficiale prova a spargere ottimismo, ma il succo è che bisogna rivedersi: la cena, si assicura, si è svolta "in un clima di grande cordialità", tra una portata e l'altra "si è iniziato a ragionare in modo costruttivo sui candidati alle prossime elezioni regionali, con l’obiettivo condiviso di individuare figure autorevoli e vincenti, capaci di rappresentare al meglio i territori e le istanze dei cittadini". Insomma, "il centrodestra si conferma compatto e determinato a proseguire il lavoro comune. I leader torneranno a incontrarsi la prossima settimana per proseguire il confronto".
Il grosso problema è il Veneto, non è un segreto. Caduta l'ipotesi di un terzo (in realtà quarto) mandato di Luca Zaia, la Lega reclama la successione con Alberto Stefani. Si potrebbe anche fare, ma Meloni vuole delle garanzie su FdI. Il ragionamento della premier non fa una grinza: il partito più votato del Paese al momento non ha tra le mani nessuna grande Regione né al Nord né al Sud. Il Veneto deve restare alla Lega? Bene - è la proposta della premier -, allora vuol dire che la Lombardia spetterà a un uomo o una donna di Fratelli d'Italia. E poi bisogna capire quale ruolo continuerà a giocare Zaia: una sua lista in Veneto vale quanto una coalizione, la premier vorrebbe evitare che ci sia una tale marchiatura a fuoco sulla prossima consiliatura, ma sarà difficile pretenderlo. Al contempo, va data una risposta anche a un'altra suggestione inerente Zaia, ovvero il suo ingresso - o meno - nel governo come ministro. Anche su questa ipotesi Meloni sembra freddina. Considerando che le Marche sono affare chiuso con la ricandidatura del meloniano Acquaroli (che però non si sente la vittoria in tasca, sfidato dal riformista dem Ricci), che in Puglia dovrebbe provarci il forzista D'Attis e in Toscana il sindaco uscente di Pistoia, Alessandro Tomasi, insieme al Veneto il centrodestra tiene aperto ancora il fascicolo Campania. Se in Veneto si andrà col candidato politico, allora la principale Regione del Sud seguirà la stessa strada, forse con il viceministro agli Esteri Edmondo Cirielli. Se invece in Veneto si dovrà ricorrere a un civico (l'industriale Zoppas), il semi-civismo potrebbe tornare in auge anche in Campania, dove però resta in corso, come outsider (e come leva per aprire agli appetiti dei partiti le porte del governo) l'attuale ministro degli Interni, l'irpino Matteo Piantedosi.
Nel centrosinistra passi avanti per la scelta in Campania
Per una curiosa coincidenza, mentre banchettavano i leader di centrodestra, anche Giuseppe Conte, Elly Schlein e Vincenzo De Luca si concedevano un momento riservato per provare a chiudere il dossier Campania, che nel centrosinistra è strettamente collegato a quello della Toscana. Spazzata via l'ipotesi del terzo mandato per De Luca, i leader di M5s e Pd hanno scelto di trattare direttamente con lui la successione. Questo ha già portato a un primo risultato: formalmente, il governatore in carica ha rimosso i veti su Roberto Fico, l'ex presidente della Camera. Formalmente, però, non nella sostanza. De Luca ha ancora molto da chiedere, prima di dare il via libera a un nome che non era nelle sue grazie. Anche lui ha una lista, se non due, potenzialmente decisive per la vittoria contro il centrodestra. E ha una presa forte su un pezzo consistente del Pd, di cui pure è un dirigente, nonostante i rapporti complessi. Insomma, Fico è in pole position ma su di lui non si è chiuso. E siccome il sospetto è che sinora i dem abbiano utilizzato De Luca come alibi per esprimere perplessità su Fico, lunedì al vertice si è scelto il metodo: l'incontro a tre, spiegano fonti dem, "segue i precedenti incontri bilaterali e mira a definire il perimetro del confronto programmatico - aperto alle forze civiche e alle rappresentanze economiche e sociali della Campania - per mettere a punto un solido e concreto progetto di amministrazione della coalizione progressista, sulla base dell'importante lavoro svolto in questi anni. Questo tavolo partirà già nei prossimi giorni e - come già detto dagli stessi protagonisti - al termine di questo ampio confronto verrà individuato il candidato presidente per la guida della Campania". Teoricamente, la responsabilità della scelta viene affidata ai territori. Ma sembra un modo per prendere altro tempo per definire l'accordo a tre Conte-Schlein-De Luca. Se si scioglierà la Campania (le alternative sono i pentastellati Costa e Castellone) in Toscana M5s potrebbe dare via libera al bis di Giani, il quale ha il sostegno dei sindaci dem della Regione, meno della segreteria nazionale. Per il centrosinistra l'obiettivo è difendere Campania, Puglia (dove è in pole l'europarlamentare ed ex sindaco di Bari De Caro) e Toscana, e provare a strappare le Marche al centrodestra con la candidatura di Matteo Ricci, già sindaco di Pesaro.
La barzelletta d'autunno: ognuno vota quando vuole
L'unica certezza l'ha data ieri il governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, in qualità di presidente della Conferenza Stato-Regioni: non ci sono i tempi tecnici né per allestire un election day né per rinviare le elezioni al 2026, come chiesto da qualche governatore uscente per evitare il rischio del bilancio provvisorio. Già è noto che le Marche voteranno il 28-29 settembre, forse la Toscana il 12-13 ottobre, anche la Puglia dovrebbe votare in ottobre, per Campania e Veneto c'è tempo sino al 23-24 novembre.
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