giovedì 2 febbraio 2023
Nello Stadio dei martiri, di fronte a 65mila giovani e catechisti, l'invito a perdonare e a impegnarsi per la pace e il futuro del Paese. Nel pomeriggio l'incontro con i sacerdoti e i religiosi
I giovani riuniti allo Stadio dei martiri di Kinshasa

I giovani riuniti allo Stadio dei martiri di Kinshasa - Vatican Media/­Simone Risoluti/Reuters

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«Non lasciatevi manipolare da individui o gruppi che cercano di servirsi di voi per mantenere il vostro Paese nella spirale della violenza e dell’instabilità, così da continuare a controllarlo senza riguardi per nessuno». Con il forte appello di «vincere il male con il bene» si è aperta l’ultima giornata di papa Francesco nella Repubblica Democratica del Congo dedicata all’incontro con i catechisti e i giovani, che rappresentano la grande maggioranza del laicato cattolico del Paese.

Nello “Stadio dei martiri” a Kinshasa hanno partecipato alla messa in oltre 65mila, dopo il bagno di folla con un milione e mezzo di fedeli nella celebrazione per la pace e la giustizia presieduta il 1 febbraio da papa Francesco. Musica, balli, colorati costumi tradizionali e migliaia di mani alzate hanno accompagnano il suo arrivo allo stadio in papamobile.

A testimonianza dell’alta partecipazione tra i giovani e del dinamismo dei laici che partecipano attivamente alla vita e alla missione della Chiesa, come documenta anche la presenza di numerose associazioni e movimenti laicali riuniti nel Consiglio dell’apostolato cattolico dei laici e i numerosi catechisti che contribuiscono ad animare le comunità.

Il Papa li ha ringraziati e benedetti, ascoltando le loro testimonianze in contesti difficili: «Io vorrei ringraziarvi, cari catechisti: voi per tante comunità siete vitali come l’acqua; fatele sempre crescere con la limpidezza della vostra preghiera e del vostro servizio».

A dispetto delle vicissitudini sociali e politiche, la Chiesa cattolica congolese continua dunque a essere tra le più feconde in Africa, con una crescita continua dei fedeli cattolici, che rappresentano circa il 33 per cento della popolazione per il 90 per cento cristiana. Una Chiesa giovane presente anche attraverso i media. Sono attualmente oltre trenta le radio e diversi canali televisivi diocesani ai quali vanno aggiunti giornali e pubblicazioni. «Con la grazia di Dio, essi lavorano per la trasformazione della nostra società permeandola dei valori evangelici, nonostante le numerose sfide, tra cui la disoccupazione, il difficile acceso ai centri di educazione, l’insicurezza e le violenze, particolarmente nell’Est del Paese», ha detto rivolgendosi a papa Francesco Timothée Bodika Mansiyai, vescovo di Kikwit, presidente della Commissione episcopale per i laici.

Massiccia la partecipazione femminile nello “Stadio dei martiri”, partecipazione che per il Papa ha un ruolo fondamentale per lo sviluppo della pace, tuttavia non è stata rappresentata tra i giovani e i catechisti che hanno dato loro testimonianza. «Vogliamo la pace in RDC» si leggeva anche in italiano nei cartelli tra la folla.

Francesco ha invitato tutti a cantare e a stringere la mano del vicino nella consapevolezza di essere un’unica Chiesa e che le mani di ognuno sono indispensabili alla costruzione della pace, di un futuro diverso per il Congo. E ha indicato loro la strada con cinque consigli: «Preghiera, comunità, onestà, perdono e servizio», indispensabili per costruire la pace e un futuro diverso.

Il Papa ha poi citato Floribert Bwana Chui bin Kositi, giovane ucciso nel luglio 2007 a Goma, nell’est del Paese, dopo aver respinto un tentativo di corruzione e sul quale è stato di recente pubblicato un libro di Francesco de Palma: "Il prezzo di due mani pulite".

Diretto, dunque poi l’appello di papa Francesco a scegliere il bene e non farsi «inghiottire dalla palude del male»: corruzione, droga, violenza, guerra. «Ma vinci il male con il bene: siate voi – ha detto il Papa – i trasformatori della società, i convertitori del male in bene, dell’odio in amore, della guerra in pace». E «perdonate, perché perdonare vuol dire saper ricominciare. Perdonare non significa dimenticare il passato, ma non rassegnarsi al fatto che si ripeta. È cambiare il corso della storia».

Al pomeriggio, nella Cattedrale Notre-Dame du Congo, nel consueto incontro con i sacerdoti e i religiosi del Paese, a cui hanno partecipato circa cinquemila persone, Francesco ha chiesto loro di «servire il popolo come testimoni dell’amore di Dio, perché il servizio è efficace solo se passa attraverso la testimonianza». Sono quattromila i sacerdoti diocesani in Congo e numerosi quelli Fidei Donum. A questi vanno aggiunti più di undicimila tra religiosi e religiose, impegnati nei vari ambiti della pastorale. Anche i racconti di alcuni sacerdoti hanno espresso la difficoltà di vivere la missione in una terra ricca di tante bellezze naturali e risorse, ma ferita dallo sfruttamento, dalla corruzione, dalla violenza e dall’ingiustizia, dalla prepotenza del più forte. Francesco ha ricordato che il ministero a cui sono chiamati è proprio questo: «Offrire vicinanza e consolazione, come una luce sempre accesa in mezzo a tanta oscurità». E ha aggiunto che per essere fratelli e sorelle di tutti, «bisogna anzitutto essere fratelli e sorelle tra di voi: testimoni di fraternità, mai in guerra; testimoni di pace, imparando a superare anche gli aspetti particolari delle culture e delle provenienze etniche, perché, come affermò Benedetto XVI rivolgendosi ai sacerdoti africani, “la vostra testimonianza di vita pacifica, al di là delle frontiere tribali e razziali, può toccare i cuori”».

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