lunedì 3 settembre 2018
Francesco all’Angelus evidenzia come il Signore ci inviti a fuggire dal pericolo di dare più importanza alla forma che alla sostanza e a praticare la carità verso i più bisognosi
Papa: «Le azioni non siano inquinate da ipocrisia e mondanità»
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Vigilare affinché il nostro modo di pensare e di agire “non sia inquinato dalla mentalità mondana”, quindi da vanità, avarizia, superbia, senza però isolarsi e chiudersi alla realtà. È la raccomandazione di Papa Francesco all’Angelus di questa domenica, in cui il Vangelo di Marco porta a riflettere sulla “autenticità della nostra obbedienza alla Parola di Dio”, proprio contro ogni “contaminazione mondana” o “formalismo legalistico”.

Un uomo, una donna, che vive nella vanità, nell’avarizia, nella superbia e nello stesso tempo crede e si fa vedere come religioso e addirittura arriva a condannare gli altri, è un ipocrita.

L’evangelista si sofferma sull’obiezione degli scribi e dei farisei a Cristo, per “colpire l’attendibilità e l’autorevolezza di Gesù come Maestro”: essi sono caduti nell’errore “di stravolgere la volontà di Dio trascurando i suoi comandamenti per osservare le tradizioni umane”. Ecco perché la reazione di Gesù è “severa”, usando nei confronti dei “maestri della religione” l’aggettivo “ipocrita”, tra i più “forti” usati da Cristo nel Vangelo: la “posta in gioco” è infatti la verità del rapporto tra l’uomo e Dio, l’autenticità della vita religiosa.

L’ipocrita è un bugiardo, non è autentico. Anche oggi il Signore ci invita a fuggire questo pericolo di dare più importanza alla forma che alla sostanza. Ci chiama a riconoscere, sempre di nuovo, quello che è il vero centro dell’esperienza di fede, cioè l’amore di Dio e l’amore del prossimo, purificandola dall’ipocrisia del legalismo e del ritualismo.

Nella seconda Lettura, aggiunge poi il Papa, San Giacomo apostolo “ci dice in sintesi come dev’essere la vera religione”, esortando a “visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze” e a “non lasciarsi contaminare da questo mondo”. “Visitare gli orfani e le vedove” significa praticare la carità verso il prossimo a partire dalle persone più bisognose, più fragili, più ai margini. Sono le persone delle quali Dio si prende cura in modo speciale, e chiede a noi di fare altrettanto.

L’esortazione di Francesco è allora ad “onorare sempre il Signore col cuore”, testimoniando il nostro amore per Lui “nelle scelte concrete per il bene dei fratelli”. Facciamo un esame di coscienza per vedere come accogliamo la Parola di Dio. Alla domenica la ascoltiamo nella Messa. Se la ascoltiamo in modo distratto o superficiale, essa non ci servirà molto. Dobbiamo, invece, accogliere la Parola con mente e cuore aperti, come un terreno buono, in modo che sia assimilata e porti frutto nella vita concreta. Gesù dice che la Parola di Dio è come il grano, è un seme che deve crescere nelle opere concrete. Così la Parola stessa ci purifica il cuore e le azioni e il nostro rapporto con Dio e con gli altri viene liberato dall’ipocrisia.

Dopo la recita della preghiera mariana, il Papa ricorda infine che ieri a Košice, in Slovacchia, è stata proclamata Beata Anna Kolesárová, vergine e martire, “uccisa per aver resistito a chi voleva violare la sua dignità e la sua castità”: è - ricorda - come Maria Goretti. Questa ragazza coraggiosa aiuti i giovani cristiani a restare saldi nella fedeltà al Vangelo, anche quando richiede di andare controcorrente e pagare di persona.

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