martedì 16 settembre 2014
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L’apertura della Corte Costituzionale alla procreazione eterologa e il tentativo, da parte di alcune rilevanti Regioni, di "scavalcare" su questo fronte (nonostante oggettive e serie difficoltà a condurre l’operazione) le competenze del Parlamento. Lo scambio di embrioni all’Ospedale Pertini di Roma. L’attribuzione, da parte del Tribunale, della genitorialità adottiva alla partner omosessuale di una madre biologica. Le aperture, ormai incontrollabili, al "divorzio breve", ultimo segno di un progressivo indebolimento giuridico del matrimonio. L’utilizzazione sempre più frequente e grossolana della categoria del "genere", per minimizzare o addirittura dichiarare irrilevante la differenza sessuale. Potremmo continuare con queste citazioni di questioni eticamente sensibili (tutte riconducibili all’orizzonte della secolarizzazione) portate pesantemente all’attenzione dell’opinione pubblica italiana negli ultimi mesi; questioni diverse tra di loro, ma analogabili almeno sotto due profili.Il primo riguarda il loro carattere transnazionale: cosa che non dovrebbe stupirci più di tanto, dato che il processo di secolarizzazione investe da decenni tutto l’Occidente, con variazioni molto limitate da Paese a Paese. L’altro profilo ha un carattere più psicologico-sociale: chi non è turbato dall’eterologa, dal matrimonio gay, dall’omoparentalità è fiero di sé, perché si percepisce come un illuminato progressista, meritevole di lode in quanto fautore di un costante ampliamento del (preteso) orizzonte dei diritti umani; chi invece cerca di opporsi a tali derive afferma i propri valori quasi con disagio, si sente marginalizzato e come assediato: è percepito dagli altri come un ottuso conservatore ed è sistematicamente oggetto di sintomatiche denigrazioni, che vanno dall’accusa, minimalista, di deprecabile miopia a quella, massimalista, di barbara omofobia.Non mancano – le vediamo tutti – iniziative, anche molto serie e determinate, di contrasto a queste dinamiche. Vanno lodate e appoggiate, indipendentemente dalla loro efficacia, peraltro difficile da valutare. Sono iniziative però raramente collegate tra di loro e diversamente fondate: quindi caratterizzate da una certa qual fragilità. Nella maggior parte dei casi hanno radici confessionali, che, indipendentemente dalla loro rilevanza, consentono a chi le avversa di giocare a non prenderle troppo in considerazione, fino a ignorarle del tutto in nome del preteso orizzonte doverosamente laico della società civile moderna (come se la sensibilità religiosa non abbia il diritto di essere presa correttamente in considerazione, anche da parte degli ordinamenti più radicalmente laicisti). I risultati sono sotto gli occhi di tutti.Sono individuabili nuove strategie, nuovi fronti di lotta? È difficile dirlo. Una cosa però è possibile auspicare: che aumenti l’informazione della pubblica opinione, che ancora oggi ha idee, poche e confuse, sull’immensa portata antropologica dell’affermarsi del secolarismo in ambito bioetico e familiare. Che la famiglia "tradizionale" valga tanto quanto la famiglia "arcobaleno" è idea diffusa, ma di nessuna consistenza socio-antropologica. Che la fecondazione eterologa produca felicità familiare e non crei tensioni tra il genitore biologico e quello sociale e non conti nulla nella vita del figlio è un mito. Che sia opportuno sottrarre al controllo del giudice il divorzio per affidarlo a meri accordi privati tra i coniugi che hanno deciso di chiudere la loro esperienza matrimoniale è tutto da verificare. Che sia nell’interesse dei bambini essere allevati da due genitori dello stesso sesso è un’offesa al buon senso, prima ancora che alla psicologia dell’età evolutiva. Che l’affettività gay o la pretesa di scegliersi il "genere" di appartenenza abbiano "diritto" a un riconoscimento giuridico è solo uno slogan.Tutte queste tematiche, non dobbiamo stancarci di ripeterlo, hanno un rilievo antropologico prima ancora che religioso. Dobbiamo perciò sottrarle al gioco delle ideologie. Abbiamo bisogno al riguardo di informazione, di pensiero critico e quindi di autentica e corretta formazione dell’opinione pubblica e dei singoli cittadino. Il giornale su cui scrivo questa nota e che dichiara la propria ispirazione cattolica fa tenacemente e laicamente, anche se qualcuno non lo ammetterà mai, la propria parte. Ma, se ci guardiamo intorno nel panorama mediatico e culturale (non solo) italiano, quanto siamo lontani dall’obiettivo...
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