venerdì 20 marzo 2015
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All’inizio della Quaresima Papa Francesco aveva esortato: «Le nostre parrocchie e le nostre comunità diventino delle isole di misericordia in mezzo al mare dell’indifferenza!». Nel cuore della Quaresima – nel secondo anniversario della sua elezione a Papa – egli indice il Giubileo della Misericordia: un Anno Santo straordinario in cui celebrare la misericordia di Dio per noi, che ci fa soggetti di misericordia per gli altri.Celebrare non è volgere lo sguardo all’indietro, un commemorare passivo. È volgerlo in avanti nella memoria attiva degli eventi fondanti, alla cui luce leggere e disporre il presente. La misericordia è evento centrale e motivo conduttore della storia della salvezza, del Vangelo in particolare. Essa segna l’essere e l’agire del Dio biblico, e ha la sua massima espressione nell’evento di Gesù, il quale – sintetizzano gli Atti degli Apostoli – «passò beneficando e sanando tutti». La misericordia, come dice la parola stessa, è il cuore – il cuore di Dio per primo – che si china sulla miseria umana: sulla miseria fisica nel dono, e morale nel perdono. Di qui, da questa gratuità e premura, la sua forza sanante e riconciliatrice. Di male nel mondo ce n’è tanto nella forma della sofferenza, della divisione, dell’emarginazione, della povertà, della colpa, del fallimento, dell’iniquità e del torto subiti. Male che si diffonde e prende corpo in strutture, mentalità, comportamenti. Come vincerlo? La via della negligenza e della rivalsa è perdente e senza speranza: risponde al male con l’ignavia e con altro male, ispessendolo e stratificandolo. La via del Vangelo è la misericordia: la forza dell’amore che vince il male col bene. Fin dal primo giorno di magistero e ministero petrino, Francesco ha coniugato la verità con la misericordia. Egli c’insegna, Vangelo alla mano, che non basta additare all’uomo la via del vero e del bene. L’uomo è segnato e avvilito dal male compiuto e subito. A quest’uomo Cristo s’è avvicinato su tutte le strade, per sollevarlo e incoraggiarlo. A quest’uomo la Chiesa, fedele al suo Maestro e Signore, deve farsi prossimo, con la parola incoraggiante dell’amore che com-patisce e con-sola: un amore empatico capace di entrare nel pathos (sofferenza) e nella solatio (solitudine) dell’altro, condividerla e vincerla. Non c’è amore senza consolazione, solidarietà senza compassione. Il mondo soffre di un’ipertrofia di amore sentimentale e lezioso, e di un un’atrofia di amore oblativo, che prende l’iniziativa, si coinvolge, cura le ferite, riconcilia, infonde fiducia e speranza. «Amore a parole» il primo, lo dice san Giovanni; «con i fatti e nella verità» il secondo. Amore che è al centro del Vangelo e su cui Francesco ha voluto ricentrare l’opera della Chiesa. «La Chiesa – scrive nell’Evangelii gaudium – dev’essere il luogo della misericordia gratuita, dove tutti possano sentirsi accolti, amati, perdonati e incoraggiati a vivere secondo la vita buona del Vangelo». La misericordia è la forza di esposizione della Chiesa: «Chiesa dalle porte aperte», «Chiesa ospedale da campo»,  «Chiesa in uscita», che «si mette, mediante opere e gesti, nella vita quotidiana degli altri, accorcia le distanze, si abbassa fino all’umiliazione se è necessario, e assume la vita umana, toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo».Così la misericordia diventa il leitmotiv, il filo conduttore e la chiave di volta del magistero e del ministero di Francesco: «Ho pensato spesso a come la Chiesa possa rendere più evidente la sua missione di essere testimone della misericordia. È un cammino che inizia con una conversione spirituale. Per questo ho deciso di indire un Giubileo straordinario che abbia al suo centro la misericordia di Dio». Anno di preghiera e di grazia, di ascolto e conversione, di annuncio, testimonianza e missione, che chiama tutti a implorare e ricevere misericordia e a portare e donare misericordia, per una Chiesa che risplenda nella sua identità più propria "Madre di misericordia", e un mondo riconciliato nell’amore che dona e perdona.
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