domenica 22 maggio 2011
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Gentile direttore, il suo editoriale di martedì 17 maggio, a commento del primo turno amministrativo, mi ha portato a immaginare dei cittadini-elettori capaci di riscoprire l’importanza del proprio ruolo e in particolare di ciò che sono chiamati a essere; la responsabilità che sono chiamati ad assumersi nel momento in cui sono invitati a eleggere la classe politica. Mi sono chiesto: e se i rapporti tra cittadini e politica/politici si rovesciassero? Se, grazie al senso di responsabilità del cittadino, alla sua serietà, fossero i politici costretti e quasi "educati" (forse questo termine non è poi così inappropriato...) a essere e sentirsi loro davvero al servizio dei cittadini, della loro cittàen dell’intero Paese e non viceversa? Perché, a questo punto, non chiedere a tutti noi cittadini di far emergere questa capacità. Si è visto come i politici siano molto sensibili al voto; non per niente in questi giorni alcuni di loro parlano di «lezione» ricevuta, di un segnale che è stato capito (anche se per taluni rimane solo un modo di dire o un tentativo di parare il colpo). Il mio auspicio è che il cittadino possa imparare non solo a delegare, dando carta bianca, ma vi sia da parte sua, da parte di tutti noi, la capacità di riconoscere l’importanza del ruolo che ci spetta.

Marco Bondi

Sono contento, caro signor Bondi, che la mia analisi e le mie riflessioni l’abbiano indotta a «immaginare» così tanto e così bene. Penso anch’io che per ciascuno di noi sia essenziale tornare a sentirci importanti nel nostro ruolo di cittadini-elettori e saperci pensare capaci di dare ai nostri rappresentanti nelle assemblee elettive e nei diversi gradi di governo un senso definito e impegnativo del loro compito, quasi "educandoli" – come lei dice – a onorare un dovere e non solo a esercitare un potere. Utopia? A volte viene da pensarlo. Ma proprio perché ci piace, in queste cose, stare con i piedi ben piantati a terra, invitiamo da tempo i nostri lettori di non farsi distrarre dalle chiacchiere fumose e dalle polemiche d’occasione che esentano dal parlare a fondo dei problemi reali. Proprio per questo proponiamo di mettere l’occhio sui programmi dei diversi partiti e candidati, cercando di capire che cosa abbiano in testa per le città e per il Paese. Proprio per questo concentriamo sempre l’attenzione sui valori cardine. Qualcuno, invece, pensa che rispetto totale per l’insopprimibile dignità della vita umana, sostegno forte alla famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna e libertà di credere, pensare ed educare i propri figli abbiano poco a che vedere con l’amministrazione e l’organizzazione della nostre città. Ma si sbaglia. A secondo di come ci si pone al cospetto di quelle grandi opzioni valoriali, la realtà e le prospettive delle nostre città cambiano. Io sono sempre più convinto, perché lo sperimento anche nel mio mestiere di giornalista, che se si aderisce a quei valori, le città in cui viviamo diventano il luogo dove lavorare alla solidarietà comunitaria possibile e persino a quella che oggi appare difficile e quasi impossibile, diventano lo spazio dove darsi da fare per la costruzione di una società "fertile" e capace di memoria e di futuro, di una comunità che è accogliente e sicura perché è ben regolata. Se li si contesta, o li si mette da parte come scomodi e superati, le nostre città si avviano a diventare anche e soprattutto il luogo – o peggio ancora il laboratorio ideologico – dei desideri individuali e dei sospetti di gruppo, il teatro della contrapposizione degli interessi e dell’antagonismo ideologico. Un esempio aiuta a mettere a fuoco meglio il punto: non si verrà a capo delle crisi e delle insicurezze che piagano diverse realtà soprattutto metropolitane anche nel nostro Paese, se non ci si rende conto – e non si agisce di conseguenza – di quale potente soluzione al problema della precarietà sociale sia il sostegno alla famiglia cosiddetta «tradizionale». Cioè intesa, secondo la nostra cultura e secondo lo spirito e la lettera della Costituzione, come programmaticamente stabile comunità di vita e di generazione ed educazione dei figli e come elemento base della "rete" che costituisce e collega una comunità civile. Mi creda, gentile amico, "fare l’esame" dei valori di chi si candida a rappresentarci e governarci è proprio utile...
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