lunedì 7 aprile 2014
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Caro direttore,
in Francia, l’unica nota positiva del (finto) rimpasto di governo è che monsieur Peillon non è più ministro dell’Istruzione e al suo posto c’è Benoît Hamon, il quale – tra l’altro – si era detto contrario all’utero in affitto. Cercando notizie su di lui ho trovato il documento di una «fondazione progressista» (http://www.tnova.fr/sites/default/files/extensiondudomaine.pdf) che prese una posizione molto ragionevole sull’argomento: la dimostrazione che anche a sinistra è possibile affrontare questi temi senza paraocchi ideologici. Mia traduzione dell’introduzione: «Diverse iniziative hanno visto la luce, a sinistra, in favore di una legalizzazione dell’utero in affitto (mères porteuses o Gestation pour autrui, Gpa, in francese), associato a una visione “progressista” della genitorialità. Il ricorso all’utero in affitto, in realtà, è assolutamente contrario a qualsiasi impegno di natura “progressista”. Mentre i partigiani della Gpa sostengono che, là dove è legale, essa si applica nel complesso in maniera positiva, uno studio reale di queste pratiche arriva alla conclusione opposta, tramite quattro constatazioni: 1) lungi dal risolvere i problemi, la legalizzazione dell’utero in affitto è una trappola giuridica che porta ad una moltiplicazione di conflitti spesso drammatici; 2) la commercializzazione del corpo femminile è la conseguenza concreta e praticamente universale di questa legalizzazione. Essa conduce quindi ad un nuovo sfruttamento, radicale, delle donne indigenti; 3) le conseguenze psicologiche di questa pratica sono largamente sottostimate e possono essere gravi; 4) l’utero in affitto, lungi dall’essere un progresso, è una causa di regressione e una cattiva battaglia per la sinistra, la più recente e forse la più sconvolgente delle estensioni nel campo contemporaneo dell’alienazione». Anche nelle file della sinistra italiana qualcuno comincia a ribellarsi a certi diktat ideologici; ma mi chiedo Matteo Renzi che fa, che cosa pensa?
Mauro Zanzi
Grazie, caro amico, per la questione che solleva. L’estate scorsa con i miei colleghi decisi di dare il via a una grande inchiesta giornalistica sul “mercato” delle madri prese in affitto da coppie o da singoli, eterosessuali od omosessuali (inchiesta che continuiamo e continueremo a tener viva, dopo la prima serrata serie di articoli e di reportage consultabile da chiunque anche nel dossier proposto sul nostro sito http://tinyurl.com/oth99n9). È stata ed è una ricognizione attenta e rigorosa su fatti e misfatti di questo mercato di corpi e povertà, sulle logiche neocolonialiste e sulle pratiche schiavistiche che lo contraddistinguono soprattutto (ma non solo) nel Sud del mondo, sulla riduzione a “cosa” della donna che cinicamente sancisce, sulle parole d’ordine falso-buoniste che lo accompagnano e sulla rimozione dei suoi troppi aspetti alienanti e, dunque, disumani che lo caratterizzano. Francamente mi aspettavo un minimo e forse un massimo di riflessione e di reazione da parte di molti, se non proprio di tutti, senza confini di collocazione culturale e politica, e soprattutto senza paraocchi. Me lo aspettavo anche da sinistra, e per certi versi in particolar modo dentro quella sinistra dove, in questi anni, anche in Italia, visioni tipiche del radicalismo individualista e antisolidale hanno fatto breccia, stravolgendo priorità e parole d’ordine. Sono arrivate reazioni significative e le abbiamo registrate con interesse. Sono venute dal mondo dei credenti (cristiani e no), da voci dell’autentico liberalismo, da settori della galassia femminista (soprattutto, però, da personalità non italiane). Da sinistra pressoché nulla: silenzi, imbarazzi o, al contrario, polemiche marginali e anche qualche incredibile (e rivelatrice) accusa al sottoscritto e alle firme di “Avvenire” di «omofobia». Non sono uno che crede e pretende di aver capito tutto, ma continuo a prendere nota di fatti e discorsi che testimoniano la ritrosia che si fa increscioso ritardo con la quale sia nell’area liberaldemocratica (che non è solo di sinistra) sia in quella socialdemocratica (che invece è di sinistra) si stanno mettendo a fuoco (anzi non si stanno mettendo a fuoco) temi che riguardano profondamente il nostro comune umanesimo e il futuro stesso dell’umano. Vedo e registro, perciò, con interesse il fermento e il dibattito che, invece, dentro e fuori le diverse aree di tradizionale riferimento politico, crescono nella vicina Francia, un Paese e un popolo scossi dalle iniziative anche dirompenti su questioni sensibilmente riguardanti l’umano (matrimonio, maternità e paternità, figli) che il presidente socialista Hollande ha condotto o tentato con la “force de frappe” della sua grande maggioranza parlamentare. Una forza e un consenso che, così, è riuscito in poco tempo – come le recenti amministrative hanno dimostrato – a dilapidare. La fondazione francese “Terra Nova” da lei citata – che propone una lettura del fenomeno della “gravidanze per procura” così lucida e così vicina a quella argomentata su questo giornale – ha l’obiettivo dichiarato di «favorire il rinnovamento intellettuale della social–democrazia» d’Oltralpe. Mi auguro che anche in Italia si sviluppino, e presto, iniziative simili. Ha ragione, caro signor Zanzi: l’approdo definitivo nel Pse del Partito democratico – soggetto dalle radici plurali e con una dominante social-democratica – pone la questione in modo molto serio e ancora più urgente a Matteo Renzi e non solo a lui.
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