venerdì 6 luglio 2012
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Una sentenza e due certezze. Dopo tre gradi di giudizio, il massimo delle garanzia per "tutti" i cittadini, si è riconosciuta la colpevolezza di alcuni esponenti della Polizia di Stato, ma soprattutto di una catena di comando, per fatti, scrive la Cassazione, di "inusitata violenza". L’altra certezza è che questa sentenza priva le Forze dell’ordine di uomini di esperienza e competenza nella lotta alla grande criminalità, come riconoscono tutti, anche i loro maggiori accusatori. Un vuoto difficilmente colmabile. Un "effetto collaterale" di un processo lungo dieci anni, ancora una volta "troppo" lungo, che ha tenuto sulla graticola quegli uomini e la stessa Polizia. La responsabilità penale, è bene ricordarlo, è sempre personale. Dopo i gravi errori di gestione di quel lontano G8 (le violenze di parte di parte dei manifestanti e le colpevoli provocazioni non li possono giustificare), anche quello di affidare la "piazza" a bravi investigatori con scarsa esperienza di ordine pubblico, le Forze dell’ordine hanno più volte dimostrato di essere una garanzia per la saldezza della democrazia, di saper contenere la violenza senza usare violenza. A maggior ragione, dunque, la decisione della Suprema Corte non autorizza a generalizzazioni. Ma chiede, piuttosto, un sostegno all’istituzione affinché quei "vuoti" siano rapidamente e efficacemente colmati da altri bravi poliziotti che per fortuna del Paese non mancano.
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