«Una deformante tv su Papa e aborto». Brutta storia, chi vuole può rimediare
mercoledì 23 novembre 2016

Gentile direttore,

scrivo di getto: ho appena ascoltato un servizio televisivo trasmesso da un telegiornale della Rai del 22 novembre, non è il primo di questo tenore da ieri sera, 21 novembre, data della pubblicazione della lettera apostolica Misericordia et misera. Come molti altri il servizio riguarda l’autorizzazione concessa in modo permanente da papa Francesco a tutti i sacerdoti di assolvere dal peccato di aborto. Oggi, a testo letto bene da parte di cronisti coscienziosi, mi sarei aspettato servizi sulla capacità o meno dei sacerdoti stessi di saper accogliere con misericordia chi si accosterà per confessare questo peccato, per esempio una donna (e ce ne sono!) che dopo anni confessa un aborto con il dolore non di chi “ha trasgredito un comando della Chiesa”, ma di chi sente un vuoto biologico ed esistenziale che continua a portarsi dentro nonostante, magari, l’avere avuto altri figli. Ebbene nulla di tutto questo: semplicemente un servizio “pubblicitario” riguardante un centro ospedaliero dove avviene l’interruzione di gravidanza il cui direttore ha ricordato per sommi capi la prassi da seguire per abortire. Di seguito un altro servizio sulla “piaga” dei medici obiettori che, stando a quanto afferma il cronista, nel nostro Molise addirittura arriverebbero al 93%, dimenticando però di dire che nello stesso Molise si praticano in percentuale più aborti rispetto al numero di abitanti che in tutte le altre regioni d’Italia. Mi è parso di vedere in questo accostamento qualcosa di diabolico, come se il Papa avesse da ora in poi autorizzato ad abortire, per cui la Rai, in quanto servizio pubblico, fornirebbe gli indirizzi e i numeri utili. Papa Francesco, tuttavia, non ha derubricato l’aborto dai peccati gravi; ha invece detto che tutta la Chiesa, attraverso tutti i sacerdoti, è chiamata a manifestare il volto della misericordia di Dio che accoglie anche chi commette atti gravi come, appunto, l’aborto. Secondo me direttori e giornalisti di diversi telegiornali, radiogiornali e giornali dovrebbero chiedere scusa a papa Francesco per averlo usato per dare un messaggio che va esattamente nella direzione opposta. Quelli che lavorano in Rai dovrebbero, poi, chiedere scusa anche a noi cittadini che paghiamo il canone, per volerci ancora trattare da ingenui che accolgono qualsiasi notizia presentata in modo tendenzioso. Un suggerimento infine a tutta la Rai: fare un’inchiesta (questa volta oggettiva) sugli effetti psicologici a breve e lungo termine sulle donne che subiscono l’aborto (anche quando lo scelgono!). L’investimento per questo tipo di ricerca sarebbe un buon modo per spendere i soldi dei cittadini.

Don Michele Tartaglia, Assistente dell’Ufficio di Pastorale famigliare della diocesi di Campobasso

So, gentile e caro don Michele, che in Rai ci sono ottimi e coscienziosi colleghi in grado di valutare con serenità e serietà questa sua dolente segnalazione e il suo pressante appello. So anche quanto è diventato difficile nel circuito mediatico italiano parlare della terribile tragedia dell’aborto fuori e lontano dai tristi luoghi comuni sulla “scelta” della madre e della retorica sul “diritto”. E, al pari di tanti altri, assieme ai miei colleghi non mi rassegno a questa deriva che si fa congiura della deformazione e del silenzio. Ma soprattutto so che in questo caso – e in modo tale da apparire deliberato – è stato fornito un servizio informativo non sempre rispettoso dei cittadini spettatori, ascoltatori, lettori perché non rispettoso della verità dei fatti. E in particolare della via che il Papa ha indicato per l’accoglienza e il perdono da parte dei sacerdoti delle persone coinvolte attivamente nell’eliminazione di un bambino non nato e di questo pentite. Una parola e uno stato di coscienza, il pentimento, che nessuno dovrebbe permettersi di rimuovere nella narrazione dell’incontro tra una persona abbattuta da un atto – un peccato, in termini cristiani – infine compreso nella sua gravità e la mano che la aiuta a rimettersi in piedi. Proprio quest’ultima, infatti – «Per rimetterci in piedi» –, è l’immagine che ho scelto ieri per titolare il nostro commento alla Lettera apostolica del Papa a chiusura del Giubileo della Misericordia, affidato a don Maurizio Patriciello. Altro che “derubricare” l’aborto a questioncella... In primo piano, ancora una volta, è stata posta la questione seria del cambiamento di vita delle persone e della capacità di accogliere e accompagnare questa domanda di bene da parte di una Chiesa estroversa – cioè aperta al cammino che Gesù le ha indicato, incontro agli uomini e alle donne di ogni luogo, di ogni tempo e di ogni condizione. Chi non capisce non vuole capire (proprio come qualche politico alla ricerca permanente di clamore). Ma chi pensa male e informa male può correggersi, e rimediare. Lei, gentile don Michele, indica una strada che è anche una sfida soprattutto (ma non solo, dico io) per la Rai. Vediamo chi saprà fare i passi possibili e giusti.

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