Una carezza e un canto per i nostri morti
giovedì 2 novembre 2017

Erano partiti a piedi scalzi, con le mani vuote e il cuore ricolmo di entusiamo. Gesù li aveva inviati 'a due a due' ad annunciare la Parola della vita, la Parola che salva. Erano poi ritornati con l’animo in subbuglio. Euforici, allegri, pronti a rendere conto del loro successo. Non potevano crederci. Era proprio tutto vero, le promesse di Gesù si erano avverate sotto i loro occhi. Il demònio appariva debole, impaurito, tremante. Recalcitrava, ma non poteva non sottomersi alla loro autorità. Come tante volte noi, anche loro, i Settandue inviati da Gesù, gli avevano dato più importanza di quel che merita. Dimenticando che al massimo il demònio può tentarci, darci fastidio, farci il solletico sotto il piede. Il cristiano, come la Vergine Immacolata, se vuole, può tenerlo a bada sotto il calcagno.

Il demònio, dunque, aveva avuto paura degli amici di Gesù, era scappato, aveva obbedito a ogni loro ordine. Mi sembra di vederli questi fratelli nella fede titubanti, timorosi, mentre gli intimano di andare via. Alla fine della missione ritornano da Gesù. Perché da lui tutto ha inizio e in lui tutto deve confluire. Perché il cristiano non è tale se il filo invisibile che lo lega al Maestro si allenta, si scioglie, si spezza. Se la linfa vitale dalle radici non sale fino ai rami per alimentarne i frutti. Ritornano i discepoli pieni di gioia. Concitati, euforici raccontano: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Un silenzio assordante li avvolge. Gesù li guarda con una tenerezzza immensa. Li ha scelti, sono suoi, li ama, su di loro pesa la responsabilità di gettare le fondamenta della Chiesa che dovrà arrivare fino alla fine dei tempi. In un mondo che si lascia lacerare da odi, contese, guerre, egoismi, essi dovranno dire e ridìre che «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna». Essi dovranno condurre le sorelle e i fratelli alla fonte invisibile dalla quale sgorga latte e miele. Gesù sta passando il testimone. Attraverso questi uomini della prima ora, la sua Parola, raggiungerà le generazioni che si susseguono, sfiderà i secoli, i millenni. Genererà santi e santi. Dalla loro predicazione nascerà un mondo nuovo. Ritornano felici gli amici di Gesù perché i demòni si sono sottomessi ai loro comandi. Gesù li ascolta con estrema serietà, sorride, sembra non capire, poi prende ad ammaestrarli dolcemente. Troppo poco. Vi rallegrate per troppo poco.

Che il nostro nemico ci sia sottomesso, è il minimo. Siamo stati noi a dargli un’ importanza che non ha, dimenticando la potenza che abbiamo ricevuto in dono col battesimo. Si, è vero, sembra dire Gesù, avete raggiunto un traguardo, ma questo è solo l’inizio. La vostra missione non sta tanto nello scalzare, smascherare, denunciare il male, voi siete chiamati a fare, realizzare, costruire il bene. Voi potete, dovete inventare percorsi sempre nuovi dove l’ amore possa realizzarsi. Voi siete le mani, i piedi, la fantasia di Dio. Il suo tempio, la sua casa, il suo tabernacolo. Nello scorrere del tempo che tutto travolge l’ unica cosa che rimane, ferma come una montagna, sono le opere fatte per amore, con amore, amando. L’ amore è forte, terribilmente forte. Quanto più si presenta debole, disarmato, tanto più è forte. Di niente ha paura l’ amore. Neppure la morte, lo spauracchio che da sempre terrorizza e affascina gli uomini, sarà capace di sconfiggere l’ amore. «Più forte della morte è l’ amore».

Tutto è vostro, tutto vi è stato dato, ma voi siete miei e io sono del Padre. Neppure una lacrima versata, un dolore sofferto, un’ ingiustizia subita andranno perduti;nemmeno un atto di carità sarà dimenticato. Voi siete preziosi. Siete la pupilla dei miei occhi. I vostri nomi sono scolpiti a carattere di fuoco nel cuore di Dio. Perciò: «Non rallegratevi perché i demòni si sottomettono a voi, rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli» .Questo deve essere il motivo della vostra gioia. Ricordatelo, ditelo ai vostri figli, ripetelo ai bambini, scrivetelo sugli stipiti delle vostre porte, della vostra mente, del vostro cuore. Sussurratelo, oggi, ai vostri cari morti, mentre, col cuore a lutto, deponete un fiore, una lampada, una carezza sulla loro tomba. A dispetto di quello che si vede essi vivono. Il distacco pesa, è vero. La loro mancanza si sente, ci fa soffrire, ci fa piangere lacrime amare, è tutto vero. Ma oggi vogliamoci bene, non lasciamoci ingannare e mettiamoci a cantare: «Io credo risorgerò, questo mio corpo vedrà il Salvatore». Perché «questa è la nostra fede, questa è la fede della Chiesa».

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