giovedì 18 novembre 2010
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La strage di Brescia, 36 anni dopo, risulta senza colpevoli. Ricordo che ero al mare, in Liguria, in quei giorni. Partecipai alla piccola manifestazione silente, civile e commossa del piccolo paese di Ospedaletti. Una manifestazione senza slogan, nutrita e ispirata dal dolore. Ma avvertii allora ciò che provo ora, più chiaro, leggendo le notizie: un senso di sgomento per l’assenza di un mandante e un esecutore credibili. Un senso di vuoto. Ogni morte crea vuoto. Ogni morte crea disperazione. Anche se chi è credente, e non solo, spesso risorge da quella disperazione, ognuno con i propri tempi. E sarebbe sciocco pensare che le modalità di una morte determinino la quantità o l’entità del dolore, da sempre infinito, assoluto, incommensurabile. Anche quando si ricompone e rigenera, magari, per vie segrete dell’anima, simultaneamente al suo manifestarsi. È chiaro che ogni perdita è uguale a un’altra perdita, ma ci possono essere perdite più angosciose, che lasciano il superstite nudo e più solo, più bisognoso degli altri, di noi, di me che per lui sto scrivendo e di chi spero leggendomi a lui si rivolga nel tabernacolo del proprio cuore.La strage di Brescia risulta senza colpevoli. Come vivono i parenti delle vittime? Di quella e di altre stragi senza colpevole ufficiale. È come vivere nel vuoto. Anche chi non cerca vendetta vuole almeno avere una ragione. Le vedove i vedovi e gli orfani di guerra conoscono almeno la ragione, spesso ingiusta o evitabile, ma chiara. Quanti nostri militari sono morti in questi anni, quasi sempre, se non sempre, vittime di agguati o azioni violente, mai di reazione? Nonostante questo la madre, il padre, la moglie, e anche i figli se non troppo piccoli, della vittima, accanto allo strazio della perdita e del lutto, ne conoscono almeno la causa. Possono dubitare se la missione fosse giusta in assoluto, necessaria, se quelle morti non si potessero evitare. Possono pensare tante cose. Ma almeno, quei poveri superstiti, sanno. Non è una grande consolazione. Ma un fatto. Quello che sanno, quel poco che sanno, è come una lapide, qualcosa di fermo e scritto su una morte. Le vedove, i vedovi, i genitori e gli orfani della strage di Brescia e di tutte le stragi senza colpevole riconosciuto, intendo mandante, esecutore, collaboratori, si sentono vittime del vuoto.Foscolo, nei Sepolcri, ci insegna che la civiltà nasce, nel senso che l’ominide diviene uomo, non quando diventa bipede, non quando apprende il controllo del fuoco, ma quando inizia a seppellire i morti, a costruire altari dove pregare, e tribunali dove giudicare. Questi vedovi, orfani, genitori e figli, parenti e amici, hanno avuto l’altare e la sepoltura, non il tribunale. Non è detto che ciò avvenga per colpa di qualcuno. Può trattarsi realmente di casi insolubili. Il fatto che io ne dubiti è insignificante. Non ho conoscenze e competenze in materia, anche se ho conoscenze e competenze sulla vita. Ma il fatto è che questi superstiti sono soli. Una solitudine assoluta. Un vuoto alle spalle, limbo in vita. Il sospetto che il mondo sia regolato dal caso cieco e che in cielo regni il Nulla. Per questo vorrei scrivere per e a loro, e a tutti gli altri affinché si identifichino in loro. Il mondo non è regolato dal Nulla. È mancato, troppe volte, il tribunale degli uomini, qui in Italia, ma l’uomo non è morto e non regna il Nulla. Vi è accanto il tribunale degli altri uomini, quello che non giudica ma accoglie, che partecipa del lutto e fa pieno il vuoto. Non siete soli.
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