venerdì 9 maggio 2014
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«Vai a Roma anche tu? Ma tu cosa c’entri? Sei un nonno». La domanda dell’amico suona come una piccola provocazione (oltre che ricordarmi ancora una volta che non sono più giovane…). Cosa c’entra un nonno, uno che non ha più figli che frequentano la scuola, con l’incontro di Papa Francesco col mondo della scuola, sabato prossimo in piazza San Pietro? C’entra, e per più di una ragione.Il nonno ha a cuore i suoi figli e i suoi nipoti, il loro futuro e, in fondo, il futuro  di questo Paese che fa sempre più fatica a guardare lontano con un po’ di giustificata fiducia. Ma da dove può venire uno sguardo fiducioso, e non meramente ottimista? Solo da un "positivo" di cui sia possibile fare esperienza, da una presenza umana a cui guardare. Abbiamo tutti bisogno, soprattutto in un’epoca di spaesamento come quella in cui ci tocca vivere, di "presenze vive". Nel 1974, quando chi scrive era davvero giovane,  Paolo VI diceva che «l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o, se ascolta i maestri, lo fa perché sono dei testimoni». E due anni dopo, da tutt’altre sponde ma con analoga convinzione,  Pasolini scriveva: «Se qualcuno ti avesse educato, non potrebbe averlo fatto che col suo essere, non col suo parlare».Domani insieme a tanti giovani, ai loro insegnanti e genitori, andrò in piazza San Pietro per incontrare un uomo che con la sua vita sta dimostrando di essere maestro perché testimone. Testimone dell’autentica Grande Bellezza, la bellezza di sapersi amati e diventare per questo capaci di incontrare e amare chiunque. A scuola, come nella vita di ogni giorno. È in forza di questa statura umana che Papa Francesco calamita l’attenzione di tanti, credenti e non credenti, e che la sua umanità riesce ad arrivare fino alle estreme periferie geografiche ed esistenziali. Per questo possiamo guardare a lui come all’icona di un grande educatore. Una persona che attrae perché comunica un "positivo" a cui guardare e di cui si vorrebbe essere, almeno un poco, partecipi. «Attira più mosche un goccia di miele che un barile di aceto», diceva San Francesco di Sales, uno che di educazione se ne intendeva. E Bergoglio sta dimostrando che l’attrattiva che sprigiona la sua umanità è più efficace di tante parole. I nostri figli e i nostri nipoti – troppo spesso orfani di riferimenti certi, essendosi trovati a vivere in una società che per decenni ha predicato prima l’abbattimento  e poi la negazione dell’autorità come codice di navigazione – cercano (a volte anche inconsapevolmente) qualcuno a cui guardare. I nonni custodiscono i tesori del passato nello scrigno del loro cuore, convinti che possano essere preziosi anche per le generazioni future. Ma il passato può diventare interessante per i giovani solo se è dentro un vissuto presente in cui emerga la corrispondenza con le esigenze più profonde del cuore.In verità, qualcuno a cui guardare lo cerchiamo anche noi nonni, sfidati a misurare la solidità delle nostre convinzioni di fronte alle fatiche dell’esistenza. Tutti, tutti, cercano qualcuno che comunichi l’essenziale, che aiuti a rispondere alla domanda delle domande: come si fa a vivere? Domani il popolo della scuola, di tutta la scuola senza distinzione alcuna, incontrerà un uomo che mostra di avere i piedi ben piantati sull’essenziale. Per questo anche un nonno ci va. Per questo, in quella piazza ci saranno molti nonni, insieme a una miriade di figli e nipoti.
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