martedì 22 novembre 2016
Episodio di insensata violenza a Palermo, dove 4 adulti hanno aggredito il docente "reo" di aver punito un allievo che disturbava
Rapporto famiglia-scuola, la lezione più difficile
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Un professore di scuola media a Palermo è stato picchiato dai genitori di un suo alunno, perché l’alunno disturbava in classe e lui, dopo averlo invitato a smettere, lo aveva mandato fuori dall’aula. Accadde mercoledì scorso. Il professore, che era solito distribuire agli scolari delle caramelle, ne diede una anche all’alunno appena rientrato. Il quale però la rifiutò, anzi reagì con un gestaccio. Tutto pareva finito lì. Ma non era così. Due giorni dopo l’insegnante, mentre posteggia nel cortile della scuola, si sente chiamare ad alta voce, si volta e vede quattro adulti: tra essi padre e madre del ragazzo che lui aveva punito. Cominciano subito a picchiarlo. Lui pensa che usassero anche corpi contundenti. Ha sporto denuncia. Sul rapporto studenti-professori genitori ha parlato saggiamente su questo giornale il direttore, nella rubrica delle Lettere.

A rendere difficile quel rapporto interviene il fatto che i genitori si schierano spesso con i figli. Allora la famiglia diventa nemica della scuola, e questo non dovrebbe mai succedere. La scuola è un’“altra famiglia”, i professori sono “altri genitori”, che portano più avanti e completano l’educazione dei figli. I genitori devono sentire che l’educazione che i figli ricevono a scuola integra e migliora l’educazione che loro danno a casa. L’istruzione dei figli è il miglioramento dei figli, il loro futuro. Le famiglie che osteggiano i professori osteggiano il futuro dei loro figli. Facciamo un altro passo: i figli che vengono da famiglie non collaborative con la scuola o nemiche della scuola, vanno male a scuola, imparano meno. Di solito sono famiglie di scarsa cultura, che sentono come un male, o non sentono come un bene, il fatto che il figlio impari qualcosa che loro non sanno. Temono che, se il figlio impara di più, obbedirà di meno. A questo punto noi siamo portati a dire: “Sono famiglie di padri padroni”.

Sì, probabile che i genitori di questo ragazzo, che han fatto la spedizione punitiva contro il professore, siano dei padri padroni, e che il figlio senta il suo legame con loro come più forte di quello con i professori, e che da loro si senta approvato (perché lui li approva) e protetto, anche con le maniere forti. Quando il professore ha redarguito questo ragazzo e il suo compagno, perché parlavano durante la lezione, il ragazzo avrà subito pensato che i suoi genitori lo avrebbero vendicato. Quando è stato espulso dalla classe, ricevendo una lezione di fronte a tutti i compagni, avrà subito pensato che i suoi genitori avrebbero inflitto al professore una lezione ben più pesante di fronte agli stessi compagni. Allora qui il professore non ha il problema di un ragazzo che non vuole imparare, ma di una famiglia che non vuole che lui impari. Non sappiamo molto di più su questa famiglia, e quel che diciamo adesso può darsi che non valga per essa, ma per altre famiglie con gli stessi problemi: le famiglie che non sono ben disposte verso la scuola non sono ben disposte verso la società e verso lo Stato.

Hanno verso la società una forma di rifiuto. Se posso permettermi un altro passo, ma so che è il più difficile da ammettere (tranne che da don Milani), questo rifiuto che certe frange sociali mostrano verso lo Stato è la restituzione di un rifiuto che loro sentono o credono di aver sempre patito da parte dello Stato. Poiché nella scuola, in qualsiasi scuola di qualsiasi parte d’Italia o del mondo, non si deve mai interrompere il rapporto fra studenti e insegnanti, allora qui si tratta di ricucirlo con questo ragazzo di Palermo. Operazione delicata, ma non impossibile. Presuppone l’invenzione di una nuova relazione, e in questa invenzione sta la qualità dell’insegnante. Ma purtroppo si tratta di ricucire anche con la sua famiglia, e qui le cose son più difficili.

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