giovedì 2 settembre 2021
Dall'aeroporto di Kabul, passando per il presepe, sino alla nostra vita
Un bambino all'improvviso (anche alla fine di agosto)

Reuters

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A bocca aperta, col cuore in gola, con un nodo allo stomaco, con il fiato sospeso... abbiamo osservato foto che sono arrivate dall’Afghanistan, dall’aeroporto di Kabul.

Pensiamoci bene: cosa ha provocato in noi reazioni così viscerali? Quando ci siamo emozionati davvero, sospendendo ogni pensiero, ogni giudizio, ogni dietrologia? Quando abbiamo visto dei bambini coinvolti nelle 'brutte cose' degli adulti. Nelle loro assurdità. Un eroico (e professionale) diplomatico italiano sollevava un bambino come fosse suo figlio stando su un muretto, esposto, insieme al piccolo, alla violenza che poche ore dopo, infatti, si è scatenata proprio lì, dove stavano insieme: il trentenne e il bambino.

Una soldatessa americana, in mimetica militare, cullava un piccolo di poche settimane. Aveva l’aria di essere soddisfatta di compiere finalmente la missione per cui era stata ingaggiata: proteggere un popolo indifeso dai suoi nemici per permettergli di crescere, di imparare, di scoprire la propria vocazione, di decidere di sé. Abbiamo poi saputo che quella donna ha perso la vita, per mano di altri adulti, convinti di fare bene. Anzi: di agire in nome di Dio.

Una bambina afgana, sulla pista dell’aeroporto di Bruxelles, seguiva la mamma, che seguiva il papà, che seguiva il figlio più piccolo. Gli altri tre, irrigiditi dalla stanchezza, dalla paura, dei molti pensieri di chi va verso l’ignoto ed è appena scampato all’orrore. E lei? Lei ha pensato bene di fare un salto dopo l’altro. Non solo di camminare, ma di saltare. Come se stesse giocando? Come se in tutto questo ci fosse qualcosa per cui tirar fuori da sé anche un po’ di... allegria? Come volesse saggiare le sue energie in vista del futuro? Come se credesse nella bontà degli uomini, avendone visti alcuni darsi da fare per la sua famiglia? Come ci piacerebbe che proprio quella bambina, tra trent’anni, diventasse la presidente dell’Afghanistan! (Si sa, i bambini fanno sognare). Ci fu un uomo, di cui fortunatamente non riusciamo a dimenticarci, che un giorno disse: «Se non ritornerete come bambini, non entrerete nel regno dei Cieli».

Era un adulto anche lui, quando disse queste parole. Tutti, a ripetere, nella sua come in qualsiasi altra cultura, che l’obiettivo della vita è 'diventare adulti', 'diventare saggi', 'diventare responsabili', 'smettere di fare i bambini'... E lui? Lui no: osava dire, addirittura, che 'occorre rinascere, dall’alto'! Rinascere bambini. Il bambino salta fuori all’improvviso. Ci prende di sorpresa. È lì, triste testimone, dove gli adulti stanno facendo il peggio: carestie mal gestite da governi corrotti e trascurate da opinioni pubbliche non informate; guerre che si prolungano per anni perché servono ai mercanti di morte e ai criminali della 'finta diplomazia', loro complici; famiglie intere in fuga da povertà insopportabili, conflitti, persecuzioni, abusi di potere, negazione di diritti umani; istruzione negata a tanti, in primo luogo le bambine, in cambio del lavoro minorile che in realtà è schiavitù... Temiamo il bambino, e nello stesso tempo lo amiamo.

Lo amiamo perché tutti sappiamo che è giusto amarlo. Punto. Lo temiamo perché il bambino è vita, speranza, giustizia, bellezza. Quando facciamo il male, temiamo i suoi occhi, il suo pianto, la sua tristezza. Ma nel romanzo Povera gente, Dostojevskij (al solito, un uomo di una profondità sconcertante) scrive: «È inquietante vedere un bambino pensare ». Lo scrive nel contesto della morte di un padre prematura e ingiusta. A tutto questo abbiamo pensato in questi giorni. E perché? Perché, per una specie di pulsione spirituale, più forte di noi, non teniamo il bambino Gesù in soffitta, durante l’anno. Lo teniamo in vista, in piccoli presepi, anche molto poveri, sui quali lo sguardo può cadere in qualsiasi momento. Anche a febbraio, anche a maggio, anche ad agosto e a settembre. È per questo che il bambino Gesù può prenderci di sorpresa. E può domandarci: 'Come va il mondo? Come va il tuo mondo? Ci sta, nella tua vita, lo sguardo di un bambino? Tutto comincia con un bambino e tutto finisce con un bambino... che sei tu, lo sai?'. Se non abbiamo accanto a noi il bambino del Presepe, se il bambino del santo Natale non ci parla tutto l’anno, è certo che prima o poi (e troppo spesso!) un bambino che soffre ci raggiungerà da una foto scattata in qualche angolo del mondo. Magari a fine agosto.

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