venerdì 21 maggio 2010
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Caro direttore,il 31 dicembre 1992, un amico che conosco da quando avevo 5 anni aveva chiuso lo studio professionale di architetto, adiacente al mio, dicendomi soltanto che gli bastava aver raggiunto il minimo della pensione. D’altro canto, pesavo io, avrebbe ben riempito le sue giornate con la grande passione per l’arte, il disegno in particolare, per la storia della nostra antica città, per i suoi libri e per la famiglia. Solo diversi anni dopo ho saputo che la moglie era affetta dal morbo di Alzheimer, che da tempo la sua memoria perdeva colpi, che veniva aiutata a mangiare, a vestirsi, a lavarsi, a camminare. Poi un giorno il fratello di quell’amico mi ha raccontato che tutta la famiglia (marito, due figlie, i loro mariti e una amica) vivevano per lei, per accudirla giorno e notte. Un anno fa la moglie dell’amico è morta. Il giorno del funerale, parlando con lui, ho scoperto che il vero motivo per cui, 17 anni prima, aveva chiuso lo studio professionale era quello di potersi dedicare a tempo pieno alla moglie. Ecco, mi sono detto, cosa può fare l’Amore, quello con la A maiuscola. Recentemente una delle figlie, architetto e docente universitario, ha narrato in un libretto, "I giorni dell’anima" (edizioni della Laguna, Mariano del Friuli, Gorizia, 2010), la straordinaria vicenda vissuta accanto alla madre. Non dico altro, anche perché temo di aver già detto troppo. Però quel libretto merita di essere letto.

Giovanni Fantino, Cividale del Friuli (Ud)

Quante vicende come quella che lei ci racconta, caro avvocato Fantino, si scrivono ogni giorno e segnano in modo indelebile e comunque bello la vita di tanti? Quante famiglie si raccolgono attorno a un proprio caro ammalato per accudirlo con amore e dedizione infiniti, senza clamore, senza far trapelare neppure un po’ della silenziosa esemplarità delle loro scelte e dei loro gesti? Riconosco davvero nella storia che, con garbo ed emozione, ci segnala una delle espressioni più alte di quel bene, autentica «foresta che cresce», che cerchiamo di descrivere nelle nostre pagine e al quale continuiamo a dare spazio e voce. Perché, gentile amico, ciò che a volte appare «straordinariamente» positivo è più frequente e naturalmente presente nella vita della nostra gente di quanto ci induca a credere il cono di luce dei riflettori mediatici purtroppo concentrato quasi in permanenza sugli aspetti deteriori e avvilenti della vita quotidiana. Trovo perciò doppiamente giusto che il "distillato" di questa bellissima storia familiare, di quest’amore appassionato, consapevole e pieno, sia stato messo a disposizione di tanti, grazie alla testimonianza diretta di una protagonista. E già il titolo scelto – "I giorni dell’anima" – ci fa intuire la direzione preziosa della riflessione che nelle pagine del libro viene offerta. Grazie per avercene messo a parte.
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