martedì 14 luglio 2015
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Fra i tanti difetti che le si riconoscono, l’Unione Europea in una cosa eccelle: l’arte del compromesso in extremis. La lunga maratona notturna che ha portato all’accordo fra la Grecia e i suoi creditori con la mediazione dell’Eurogruppo ne è la plateale conferma: dobbiamo infatti riandare con la memoria al vertice di Nizza dell’anno Duemila per trovare un negoziato così estenuante e combattuto, e anche in quel caso all’origine c’era una rivolta, quella dei piccoli Paesi – tra cui la stessa Grecia – contro lo strapotere (presunto o meno) dei quattro "grandi" (Germania, Francia, Regno Unito e Italia). Questa volta però la Grecia era sola contro tutti, potendo contare solo sul gioco di sponda della Francia e sulla moral suasion italiana di fronte alla forza schiacciante della Germania, del presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem e di quei Paesi che a Berlino fanno riferimento, come la Finlandia, le repubbliche baltiche, la Slovacchia.Ne è scaturito un accordo che per Atene è qualcosa di molto prossimo a una resa senza condizioni, una capitolazione clamorosa che ci obbliga a domandarci a cosa sia servito al giovane Alexis Tsipras il trionfo in un referendum dal sapore peronista per poi cedere otto giorni dopo di fronte a richieste ancor più penalizzanti di quelle a cui non si voleva sottomettere. L’accordo – che al momento è soltanto un preliminare in attesa di numerose ratifiche parlamentari, alcune delle quali (a cominciare da quella di Atene per finire con quella del Bundestag) tutt’altro che scontate – riporta la Grecia sotto tutela, la Troika ritorna nella pienezza delle sue funzioni, Atene dovrà impegnare asset e beni pubblici a garanzia del prestito che le consentirà di sopravvivere.Ma la sopravvivenza in cambio di dolorose e, diciamolo, assolutamente necessarie riforme è il piccolo, ma concreto bottino che Tsipras porta a casa dopo aver rischiato di scivolare nel baratro nel default, della Grecia senza moneta, delle banche tecnicamente fallite, del prodromo di un’instabilità politica e sociale che avrebbe potuto sfociare in una sorta di guerra civile. Se dunque con tardivo e inaspettato buon senso ha vinto l’Europa del compromesso, non altrettanto possiamo dire della schiera dei rigoristi del nord. Sulla carta sono i vincitori assoluti, non c’è dubbio, ma il lascito morale che filtra dalle stanze brussellesi dove le armate guidate dal ministro tedesco Schäuble hanno condotto per ore una sorta di guerra di annientamento nei confronti del premier Tsipras (il britannico Guardian ha definito la fortissima pressione nei suoi confronti «un vero e proprio waterboarding politico», con chiara allusione alla tortura dell’acqua) ci consegna il ritratto di un’Europa profondamente divisa quanto nettamente schierata: da una parte il nord, ordinato e onesto, che si ritiene strutturalmente ed eticamente superiore, dall’altra il Sud dell’Europa, quello dei "Pigs", infido e mendace, incline al pianto e all’autocommiserazione, incapace di adattarsi alla dottrina del rigore che è la chiave del benessere e del successo della Germania e dei suoi alleati e alla quale tutti gli Stati membri debbono attenersi. O quasi tutti, per la verità, visto che proprio in questi giorni il Land austriaco della Carinzia ha ottenuto senza troppi problemi una ristrutturazione del proprio debito, la stessa che ai greci è stata negata. L’offesa maggiore per Atene e il suo popolo non sta forse nelle onerosissime (per quanto giustificate) condizioni del suo salvataggio, quanto nell’implicito stigma di nazione di second’ordine, una specie di apartheid all’interno dell’Unione, guardata a vista da partner ringhiosi che nell’élite politica greca non hanno più alcuna fiducia. Né – non dimentichiamolo – i maneggi e i giochi di prestigio del tandem Tsipras-Varoufakis hanno contribuito a crearne. Difficile considerare questo un giorno radioso, e impossibile continuare a chiamare tutto ciò "Unione" Europea. In quest’alba grigioferro ci aspetta un grande e improrogabile cantiere: quello che dovrà rifondare e riformulare un’idea di Europa che è andata progressivamente smarrita.
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