martedì 14 febbraio 2023
Il capo della milizia Wagner ammette che la città del Donbass non capitolerà presto. Nella capitale l'elettricità non viene più tagliata, segno di resilienza del Paese. Ancora polemiche su Berlusconi
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La guerra in Ucraina è giunta al giorno 356 e non si vedono sbocchi nei durissimi combattimenti a Bakhmut, mentre il Pentagono smentisce voci di grandi preparativi per una nuova massiccia offensiva russa diffusa da alcuni media, secondo i quali Mosca starebbe ammassando caccia al confine per sostenere le truppe di terra. E i movimenti politici continuano ad affiancare quelli militari, mentre ci si avvicina all’anniversario di un anno dall’inizio dell’invasione russa.

Nelle ultime 24 ore si sono verificati un totale di 37 scontri militari in direzione della cittadina contesa nel Donetsk, ormai resa spettrale e quasi disabitata dalla furia degli scambi di artiglieria tra gli eserciti. I due nemici si stanno infatti dissanguando per un centro che nessun analista considera davvero strategico. Le truppe russe avrebbero aperto il fuoco sulle posizioni ucraine 234 volte in una sola giornata, secondo il resoconto di Serhii Cherevatyi, portavoce del Gruppo orientale delle forze armate di Kiev.

Però tutti gli sforzi di Mosca non stanno portando a risultati concreti. Il capo del gruppo mercenario Wagner, Yevgeniy Prigozhin, ha avvertito che la cattura della città orientale è tutt'altro che imminente. “Bakhmut non verrà presa domani, perché c'è una forte resistenza", ha detto su un canale Telegram ripreso dalla Cnn. "Non ci saranno festeggiamenti a breve", ha aggiunto, smentendo le voci secondo cui sia imminente un accerchiamento dell’abitato e che gli ucraini pensino a un riposizionamento strategico arretrando di qualche chilometro.

Nonostante mesi di intense battaglie, le forze d’invasione non sono ancora riuscite a catturare la città, anche se stanno lentamente spingendo verso l'accerchiamento. Prigozhin ha avvertito chiaramente che la capitolazione sembra tutt'altro che imminente, quasi a mettere le mani avanti rispetto al mancato successo. “In tutte le direzioni, il nemico sta diventando più attivo, attirando sempre più nuove riserve. Ogni giorno da 300 a 500 nuovi combattenti si avvicinano in tutte le direzioni. L'attacco si fa casa per casa, metro quadro per metro quadrato”.

Non mancano le tragiche ironie da parte ucraina sullo stesso Prigozhin, il quale aveva qualche giorno fa pubblicato un video che mostrava un caccia SU-24 "sopra Bakhmut", invitando il presidente Volodymyr Zelensky a un combattimento aereo. Quel SU-24 sarebbe stato abbattuto recentemente dalla contraerea di Kiev…

A proposito di aerei, ieri il segretario americano alla Difesa, Lloyd Austin, durante una riunione a Bruxelles con i rappresentanti del “gruppo Ramstein” che sostiene lo sforzo militare ucraino, ha detto che nessun annuncio è atteso a breve da parte americana sulla concessione di jet F16, ma che ciascuno Paese Nato è libero di dare eventuali forniture. La preoccupazione dell’Alleanza Atlantica è continuare a fare arrivare gli arsenali promessi, in particolare quelli che servono a proteggere i cieli dagli attacchi della Federazione mirati a indebolire le infrastrutture del Paese.

In questo senso, un buon segnale della resilienza tecnica ucraina è venuto dal fatto che da due giorni non sono annunciati distacchi programmati di elettricità a Kiev e nella intera sua regione, e questo avviene in un periodo di freddo intenso, quindi con consumi alti, e di massicci attacchi missilistici sulle centrali e gli elettrodotti.

Ma dai cieli arrivano anche segnali preoccupanti, in particolare da quelli della Moldova, il cui spazio aereo è stato chiuso alcune ore per motivi di sicurezza. I media locali hanno scritto che la decisione è stata presa dalle autorità dopo che era stato intercettato un drone. Nei giorni scorsi si era parlato di un missile russo transitato sopra il Paese, al centro delle tensioni fra il Cremlino e l'Occidente per i tentativi nemmeno troppo dissimulati di forze filorusse sostenute da Mosca di rovesciare la maggioranza filoeuropea di Chisinau.

E tensioni si registrano anche nella Federazione con la morte per apparente suicidio (con un colpo di pistola) di Vladimir Makarov, 72 anni, l'ex numero due dell'unità anti-estremismo, appena licenziato per ordine di Putin. Si tratta dell’ultimo di una serie di decessi misteriosi che hanno coinvolto oligarchi russi invisi al regime, ex funzionari e altri personaggi di spicco che erano caduti in disgrazia o avevano manifestato critiche alla linea dell’aggressione all’Ucraina.

Proseguono infine gli echi internazionali delle parole di Silvio Berlusconi riferite al presidente Zelensky, indicato come il vero responsabile della crisi e del conflitto per avere attaccato nel 2014 le zone del Donbass a maggioranza russa. Malgrado le precisazioni del suo stesso partito, Forza Italia, e la decisa conferma da parte della premier Giorgia Meloni dell’appoggio pieno, anche bellico, a Kiev, sono numerose le voci critiche, mentre dopo 48 ore il Partito popolare europeo ha preso le distanze dell’ex presidente del Consiglio, affermando che le sue parole "non riflettono la nostra linea politica. La Russia è l'aggressore, l'Ucraina è la vittima. Non cederemo alla narrazione di Putin e l'Ucraina può contare sul nostro pieno sostegno". Le esternazioni del leader di FI rendono l’Italia meno affidabile nel fronte pro-ucraino agli occhi degli altri Paesi europei e della Nato. Roma finora è tra gli Stati che hanno contribuito meno sul piano economico negli aiuti sia civili sia militari, malgrado i molti proclami. Il prossimo annunciato viaggio a Kiev di Meloni potrebbe essere l’occasione per depotenziare le polemiche del momento.

Ma per l’Italia come per tutti gli altri alleati resta da chiarire quale strategia chiara e coerente si vorrà adottare per l’imminente secondo anno della sanguinosa guerra in Ucraina.

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