mercoledì 12 ottobre 2022
Ancora civili uccisi a Est, la Nato promette maggiori difese aeree. Il Cremlino minaccia sul tetto ai prezzi e poi apre a nuove forniture, mentre Gazprom pronostica un inverno difficile per i Paesi Ue
Guerra giorno 231: la tenaglia di Putin, ricatto del gas all'Europa e missili
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Il giorno 231 della guerra in Ucraina è segnato dal movimento della seconda ganascia nella tenaglia che Putin tenta di usare per uscire dalla crisi che egli stesso ha messo in moto e che si è allargata, con tutta probabilità, al di là dei suoi piani iniziali. Se la prima ganascia è costituita dai bombardamenti su obiettivi civili – nelle ultime ore almeno sette persone sono state uccise in un attacco a un mercato nella città orientale di Avdiivka – e sulle centrali elettriche per mettere al buio e al freddo il Paese aggredito, l’altra è data da gas e petrolio, con le minacce e le lusinghe reiterate nei confronti dell’Europa.

“La Russia non fornirà energia ai Paesi che impongono tetti ai prezzi, a chi gioca sporco e ricatta senza vergogna, la Russia non pagherà di tasca sua per il welfare di altri e non agirà contro i suoi interessi”, ha detto il presidente nel suo intervento alla "Settimana dell'energia" a Mosca. Secondo Putin, introdurre il “price cap” rischia di portare ad altri tetti, in altri settori dell'economia, fino ad arrivare a distruggere l'economia di mercato e a minacciare il benessere di miliardi di persone.

D’altra parte, il capo del Cremlino ha cambiato tono quando ha affermato che la Russia è pronta a reindirizzare le forniture dei gasdotti Nord Stream 1 e 2– danneggiati da un sabotaggio nel Mar Baltico – verso il Mar Nero. “Possiamo trasferire il volume di transito perso. Rendere quindi principali le rotte di approvvigionamento del gas naturale verso l'Europa attraverso la Turchia, creando il più grande hub del gas per il continente in Turchia. Certamente, se i nostri partner sono interessati a questo”. Come a dire: alle nostre condizioni (il Nord Stream 2 non è stato utilizzato dalla Germania come ritorsione per l'invasione).

A chiudere il cerchio ci ha pensato il ceo di Gazprom, Alexey Miller: “Non vi è alcuna garanzia che l'Europa riesca a superare l'inverno con le scorte di metano attuali”. I dati sugli stoccaggi di gas negli impianti Ue dovrebbero essere valutati nel contesto di una logistica alterata, ha spiegato. “Apparentemente la Germania stoccherà circa 20 miliardi di metri cubi di gas. Durante i precedenti periodi autunnali e invernali, la Germania ha consumato 60 miliardi o più, il che significa che negli impianti c'è abbastanza gas per 2-2,5 mesi al massimo. Intere città possono restare al freddo in poco tempo”.

In contemporanea, i ministri dell’Energia della Ue, riuniti a Praga, erano impegnati a mettere a punto un difficile piano per contenere l’aumento dei prezzi e non venire strangolati dalle condizioni poste dal Cremlino. I passi avanti sono stati compiuti sul fronte degli acquisti comuni e anche il tema del tetto ai prezzi è stato preso in considerazione in modo più approfondito anche se restano le forti divergenze tra i 27 Paesi. Divergenze che potrebbero costare ancora più care se si protrarranno a lungo, rendendo le profezie russe più concrete.

Intanto, i ministri della Difesa della Nato e i rappresentanti degli altri Stati uniti nella coalizione pro-Ucraina da Bruxelles hanno ribadito il loro sostegno militare a Kiev, soprattutto in termini di difesa aerea, fondamentale per resistere ai raid missilistici di Mosca. L’impegno è stato esplicitato dal ministro americano Austin e dal segretario generale dell’Alleanza Stoltenberg. Non sarà comunque facile fornire nuovi strumenti efficaci in tempi brevi, come sollecitato ancora da Zelensky e dai vertici politici e militari.

Sul fronte diplomatico, le timide speranze alimentate da un’apertura russa all’incontro tra Putin e Biden in Indonesia a novembre devono fare i conti con il contesto estremamente complesso in cui non sembra che le parti siano disposte a veri negoziati. Anche fonti Nato hanno ribadito che pur con canali aperti tra gli Stati maggiori di Washington e Mosca non ci sono stati nemmeno abbozzi di veri colloqui ad alcun livello, se non avvertimenti reciproci. Nelle prossime ore, ad Astana, in Kazakistan, Putin si vedrà con il presidente turco Erdogan, il quale proverà a ritessere la tela della trattativa per una potenziale tregua.

Sebbene anche il Cremlino debba fare i conti con problemi sul campo – le truppe ucraina continuano la pressione sui fronti orientale meridionale – e con una possibile penuria di armamenti di tipo più sofisticato, le ultime mosse di Putin non sembrano orientate alla rinuncia degli obiettivi fissati al momento dell’invasione del 24 febbraio. La tenaglia russa continua a premere, alimentando il tragico tributo di sangue nel cuore dell’Europa.

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