sabato 1 novembre 2014
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Si volta pagina, dopo poco più di un anno: l’operazione Mare Nostrum finisce nonostante gli appelli a proseguire, al momento inascoltati, delle associazioni.  Da stamane, come ha garantito il ministro della Difesa Roberta Pinotti, ci sarà un avvicendamento nelle acque del Mediterraneo con le navi europee impegnate nel pattugliamento detto Triton fino ai confini delle acque europee e la flotta italiana – pur in misura ridotta – ancora attiva per un avvicendamento morbido. Tra due mesi, a presidenza italiana della Ue ormai chiusa, si tireranno le somme su costi e benefici. Che sia un passo indietro nei salvataggi in mare, è chiaro.  Checché se ne dica, lo ripetiamo, Mare Nostrum è cosa di cui il nostro Paese deve andare orgoglioso. Le quasi 150 mila vite umane accolte e salvate da navi italiane che si sono spinte fin davanti alle coste libiche sono un grande risultato. Chi, in Italia e nelle cancellerie europee, ha bocciato l’operazione sostenendo che abbia solo incentivato il traffico di esseri umani e aumentato le vittime, ha la memoria corta e soffre perlomeno di miopia geopolitica.  Memoria corta perché la decisione di lanciare l’operazione venne giustamente presa da Enrico Letta (e proseguita da Matteo Renzi) dopo la catastrofe di Lampedusa del 3 ottobre 2013, perché i flussi verso l’Italia erano in aumento. Miopia perché dimentica che le emergenze sono cresciute pericolosamente ai nostri confini, che ad esempio la situazione politica in Libia e il conflitto in Siria sono precipitati – anche grazie a scelte europee errate e persino tragiche – causando un ulteriore incremento delle partenze forzate di uomini, donne e bambini. Lo ha confermato proprio oggi l’Organizzazione internazionale delle migrazioni.  Con Mare Nostrum – rimedio e non male – l’Italia non si è accontentata di celebrare la memoria delle vittime del mare una volta l’anno, ha fatto il proprio dovere con generosità mentre in altre capitali europee ci si disinteressava di quanto accadeva alla frontiera meridionale dell’Unione lasciando tutto, anche economicamente, sulle nostre spalle. E di conseguenza Roma non ha frapposto ostacoli, fino a qualche settimana fa, alla prosecuzione del viaggio verso Nord di chi intendeva raggiungere i familiari residenti in altri Paesi della Ue. Da oggi con l’avvio del nuovo pattugliamento cambierà poco, temiamo. Ma davvero qualcuno a Bruxelles, Berlino, Londra e Parigi pensa seriamente che un siriano, un maliano o un eritreo non tenti più il tutto per tutto nel Mediterraneo se da stamane ci saranno meno navi italiane a vigilare e a salvare e la flotta Ue si fermerà ai limiti delle acque internazionali? Nell’anarchia libica, dove neppure i centri di detenzione funzionano più e il traffico di esseri umani è un capitolo di crescente importanza del Pil, le partenze verranno rallentate solo dalle condizioni meteo e dal mare. Restano da approfondire le dichiarazioni del ministro dell’Interno Angelino Alfano sulle 'alternative' ai viaggi della disperazione e della speranza che necessariamente l’Europa deve offrire.  Se la Libia è fuori gioco, la via di Tunisi è da esplorare per aprire campi profughi dove guardare in faccia e riconoscere profughi e rifugiati. Ma soprattutto la fine di Mare Nostrum può essere l’occasione per riaprire la possibilità di rivolgere la domanda di asilo nelle ambasciate europee nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo, arrivando sul suolo Ue con voli di linea e stroncando finalmente il racket dei mercanti di esseri umani. È qui che si misura l’effettiva presa di coscienza sul dramma migratorio da parte europea, rivendicata ieri da Alfano. Noi siamo abituati a giudicare dai fatti, ma anche i fatti giudicano. E basterà che da oggi si ripeta, nonostante le rassicurazioni dei governanti italiani ed europei, una sola tragedia del mare per chiamare subito e ad alta voce i governanti e i politici d’Europa che hanno 'chiuso' Mare Nostrum e 'limitato' Triton ad assumersi le proprie responsabilità.
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