martedì 9 agosto 2011
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Gentile direttore, le scrivo, dall’Olanda, a proposito dell’articolo pubblicato su Avvenire a commento del matrimonio dell’onorevole Paola Concia. L’elemento che più sembra aver disturbato il suo giornale è la "spettacolarizzazione" di un evento intimo e privato E la presunta "autostrumentalizzazione" della parlamentare. Mi pare che il richiamo alla spettacolarizzazione, di questi tempi faccia quantomeno sorridere. Siamo sommersi da mercificazione e spettacolarizzazione del privato. Quanta carta e quante parole e servizi televisivi sui vari matrimoni Totti-Blasy, Briatore-Gregoraci, Carfagna-Mezzaroma... e che dire, infine, del "matrimonio dell’anno" del principe William! Non conosco l’onorevole Concia. So solo che è tra i pochissimi parlamentari che si sono apertamente dichiarati omosessuali, impegnandosi nella rappresentanza dei loro diritti. Pur condividendo con voi la critica ai modelli mediatici e commerciali e il loro "sbattere" in prima pagina momenti sacri e intimi della vita personale di chicchessia, credo però che la spettacolarizzazione del matrimonio dell’onorevole Concia sia un bene in un Paese in cui coppie omosessuali non sono equiparate nei loro diritti alle coppie eterosessuali. Nell’epoca dell’homo videns la visibilità pubblica è una componente fondamentale della comunicazione politica e sociale. Mi chiedo infine quale sia il "diritto naturale" da voi citato che sancisce i rapporti d’amore esclusivamente sulla base della «fertile progettualità». Un cordiale saluto dall’Olanda, dove proprio quest’anno si festeggiano i dieci anni dall’introduzione del matrimonio omosessuale. Niente più spettacolo, sa. Banali o straordinari rapporti d’amore come per tutti.

Daniela Piccio, Leida (Olanda)

Gentile direttore, nell’articolo apparso su Avvenire a proposito del matrimonio dell’onorevole Concia con la sua compagna Ricarda avete citato gli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione «È davvero così stravagante la nostra Costituzione che riconosce e regola la famiglia (articoli 29, 30 e 31) come società naturale fondata sul matrimonio tra uomo e donna?». Negli articoli citati non compare affatto l’espressione «tra uomo e donna». L’aggiunta è una vostra interpretazione. È vero che si parla poi di figli e della loro educazione, ma il fatto che la Costituzione parli di figli: 1) non esclude che questi figli possano appartenere a una coppia omosessuale anche se ovviamente non nati da quella unione; 2) non esclude che possa esistere una coppia (non etero) dove non ci siano figli e quindi che questo matrimonio sia costituito da due persone dello stesso sesso. Se volete far sapere la vostra opinione non è necessario tirare in ballo la Costituzione italiana. Siete un giornale cattolico, no? Bastava aggrapparsi a una molto più semplice (almeno per gli addetti ai lavori) teologia sacramentaria.

Marco G.

Gentile direttore, senza alcun intento polemico, ridicolizzare il matrimonio sia esso religioso che civile con la proposta e la formalizzazione di unioni inesistenti da un punto di vista giuridico come l’unione con un’altra donna della nostra parlamentare Concia, peraltro celebrata con grande pubblicità, lascia sconcertati. Non si capisce, infatti, il motivo di tornare su un punto che appare pacifico: la famiglia per esistere ha necessità di due soggetti di sesso diverso. In Italia non si vuole mettere in essere alcuna forma di discriminazione, ma non si può ragionevolmente pensare di stravolgere una realtà che, prima ancora di essere riconosciuta sia a livello costituzionale sia sul piano legislativo, attiene allo stesso diritto naturale e ha perciò un valore fondante, giustamente accolto dalla legislazione vigente. Il fatto che in altri Paesi esistano norme che regolano le unioni tra persone dello stesso sesso, non implica che l’Italia sia tenuta a uniformarsi. In molte nazioni esiste, per esempio, la pena di morte, ma ciò non significa che noi in Italia siamo tenuti ad adottarla nel caso che un gruppo di cittadini – fosse anche la maggioranza – la ritenesse indispensabile. Cordiali saluti.

Carlo De Rosa

Caro direttore,sono una sua abbonata e volevo complimentarmi con lei per il tono equilibrato ed educato con cui rispose due anni fa a un lettore omosessuale che scrisse al nostro giornale, sentendosi discriminato e considerato quasi un "virus", forse anche dallo stesso Avvenire. Quella pagina mi è tornata in mente in questi giorni, per i fatti di cronaca… Vorrei dirle che apprezzo molto il modo con cui lei seppe rispondere allora a quel ragazzo, e anche il modo in cui ha indicato la via migliore (offerta già oggi, in vari modi, dal Codice civile) per disciplinare le convivenze tra persone dello stesso sesso. Mi piace, insomma, il fatto che lei abbia dimostrato che si può parlare di questi temi, cercando di conciliare l’impegno per la tutela della famiglia con – appunto – l’individuazione di un modo, di una via per disciplinare queste convivenze. A mio giudizio, così, ha dimostrato in pieno anche il suo rispetto nei confronti delle persone omosessuali senza giudicare e tantomeno condannare chi non è eterosessuale. È bello constatare che al mondo ci sono persone come lei.

Camilla, Brindisi

Da molti anni argomentiamo con chiarezza e senza asprezze sul tema del matrimonio, sulla natura di questo istituto e sui motivi che rendono incomparabili su un piano sociale e antropologico unioni matrimoniali uomo-donna e unioni tra persone dello stesso sesso. Abbiamo sempre mantenuto le nostre argomentazioni sul piano “laico” senza scomodare motivazioni di carattere religioso – o, come suggerisce polemicamente il signor Marco, della «teologia sacramentaria» – per una scelta precisa: basta la ragione per capire la questione, e basterebbero la ragione e il buon diritto, cioè – come ricorda la gentile signora Camilla – un buon uso del nostro Codice civile per risolverla senza ideologismi e senza forzature improprie dell’istituto matrimoniale.Lo so, adesso per qualcuno è di moda dire che gli “ideologi” saremmo noi e tutti coloro che si richiamano ai princìpi del diritto naturale e al matrimonio costituzionalmente definito. Ma l’operazione, per quanto clamorosamente supportata, è assolutamente fragile. È come sostenere che “ideologico” è mettere al mondo figli per un impegno e un atto che coinvolgono una donna e un uomo, che questa sarebbe solo un’opzione tra le altre: inseminazioni artificiali, gestazioni in utero in affitto o in laboratorio… Beh, credo che sia utile che qualcuno ricordi ogni tanto a chi finge di dimenticarlo che questa cosiddetta “ideologia” è semplicemente “natura”, e che un tale dato di realtà e di verità è solennemente riconosciuto (non fissato, ma lo ripeto riconosciuto come pre-esistente e fondativo) dalla nostra Carta costituzionale che nei ben coordinati articoli 29, 30 e 31 richiama esplicitamente i concetti di «famiglia naturale», di «paternità» e di «maternità».Quanto alla spettacolarizzazione della cerimonia che ha visto protagoniste in Germania la parlamentare italiana Paola Concia e la cittadina tedesca Ricarda Trautmann, l’abbiamo giudicata con il metro che usiamo sempre in casi analoghi. Tanto più che era emersa la solita campagna politico-mediatica, con obiettivi resi subito espliciti dalle dichiarazioni del vicepresidente del Pd, Ivan Scalfarotto. Su questo Avvenire ha parlato e parlerà ancora senza reticenze. Così come, senza reticenze, diamo atto all’onorevole Concia di aver precisato con chiarezza che la cessione dei diritti di esclusiva fotografica dell’evento è stata fatta «a titolo gratuito», ovvero senza «vendita» delle immagini. Dunque, quella parte (e solo quella) del nostro stupore e del nostro dissenso – seriamente e garbatamente motivata domenica scorsa da Luciano Moia – è superata. Siamo contenti di registrarlo.Un’ultima annotazione, a proposito delle conclusioni della gentile signora Piccio. Trovo curioso che si pensi che sia una qualche legge a poter o dover «sancire rapporti d’amore». Non credo che sia giusto e penso che sia addirittura inconcepibile. Lo Stato non regola rapporti d’amore (anzi non deve proprio metterci becco), regola e tutela rapporti essenziali nell’interesse di una società. E il primo e civile interesse di un consorzio umano è quello di garantirsi un futuro, per questo la famiglia naturale e naturalmente fertile è così importante sul piano culturale, storico e giuridico. La famiglia basata sul binomio madre–padre è la culla della vita, è l’ambiente dove lo sviluppo della personalità e della relazionalità di un bimbo può avvenire nel fondamentale rapporto con due essenziali e ben definite figure parentali maschile e femminile, è la cellula originale della più vasta rete di solidarietà che è – dovrebbe essere – una società umana. Altri propongono diverse visioni e le proclamano “laiche”, arrivando a dichiarare – come ha fatto un illustre oncologo – che nel futuro ci attende una società nella quale l’amore sarà soprattutto e (sic) nobilmente tra simili e non ci si riprodurrà più naturalmente, ma solo in laboratorio. Preferisco altri sogni e progetti, mi batto per un altro futuro (sapendo di non essere affatto solo). Aggiungo solo che se è vero che la letteratura fantascientifica è stimolante (e ammonitrice), trovo assai singolare la pretesa di farne un codice di laicità.In conclusione, l’impegno per la non discriminazione di alcuno, il rispetto per le persone omosessuali, non significa perdere di vista questi punti cruciali. E io, da cattolico e da cittadino, cerco di non dimenticare e di non far dimenticare che uno dei modi per rispettare davvero la sfera dei sentimenti altrui è non trasformarla mai nel campo – e nello strumento – di battaglie politiche.

Marco Tarquinio

P.S.: Apprendo, a rubrica ormai in pagina, che l’onorevole del Pd Paola Concia annuncia di voler sporgere querela contro il collega Luciano Moia. Naturalmente da «democratica» che «vive in democrazia» e «accetta critiche»... Non aggiungo e non tolgo una riga a quanto già scritto poco fa. Noi facciamo i giornalisti e lo facciamo, da sempre, anche tornando su eventuali imprecisioni o, come in questo caso, completando le informazioni fornite, altri evidentemente fanno piani di guerra mediatica e giuridica. Proprio quello che avevamo commentato. Ognuno può trarre le proprie conclusioni.
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